Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo ziativa privata. I piu credono che il capitalismo e l'individualismo econo– mico siano inseparabili. È un errore. Mussolini fece sapere ai suoi ascolta– tori che separando il capitalismo dinamico-eroico e la borghesia dall'indivi– dualismo economico e ponendoli sotto il controllo dello Stato si poteva impe– dire che essi cadessero nelle aberrazioni del capitalismo statico e del super– capitalismo. La parola "controllo" fu usata di proposito invece di "dire– zione." L'impresa capitalistica avrebbe continuato a "dirigere" la produzione e la distribuzione della ricchezza sotto il "controllo" dello Stato. A questo punto scendevano dal cielo in terra le corporazioni. Il loro compito sarebbe stato quello di controllare il meccanismo dell'economia nazionale. "Il corporativismo è l'economia disciplinata, e quindi anche con– trollata, perché non si può pensare a una disciplina che non abbia un controllo." Ma il loro numero e la loro composizione rimanevano un mistero. 20 Il "rivoluzionario progetto di legge" che istituiva le corporazioni fu approvato all'unanimità, il 13 gennaio 1934, nell'entusiasmo piu sfrenato, , da un Senato composto di ricchi azionisti, capi militari, alti burocrati, gran– di proprietari terrieri, potenti uomini d'affari, ex professori universitari, e professionisti di grido. La sua approvazione, probabilmente, fu resa piu facile dalle seguenti dichiarazioni nel discorso del Duce, con il quale chie– deva al Senato l'approvazione del progetto: L'economia corporativa rispetta il principio della proprietà privata. La proprietà privata completa la personalità umana: è un diritto e, se è un diritto, è anche un dovere. Tanto che noi pensiamo che la proprietà deve essere intesa in funzione sociale; non quindi la proprietà passiva ma la proprietà attiva, che non si limita a godere i frutti della ricchezza ma li sviluppa, li aumenta, li moltiplica. L'economia corporativa rispetta l'iniziativa individuale. Nella Carta del Javoro è detto espressamente che soltanto quando l'economia individuale è deficiente, inesistente o insufficiente allora interviene lo Stato. 21 Indubbiamente, ogni senatore era convinto che la sua proprietà era una proprietà attiva ed efficiente. Se poi qualche senatore avesse ancora avuto qualche dubbio sulla opportunità del provvedimento, il Duce lo rassi– curava con un'altra promessa: Noi procediamo con grande calma. Non precipitiamo affatto i tempi. Siamo sicuri di noi stessi perché, come Rivoluzione fascista, l'intero secolo sta innanzi a noi. 22 Una rivoluzione che impiegherà un secolo per realizzarsi può essere tranquillamente applaudita da capi militari settantenni. Anche la Camera approvò all'unanimità e per acclamazione la rivolu– zione sociale il 18 ge11naio, e il 5 febbraio la rivoluzione sociale divenne legge del paese, grazie alla firma di quel baldo rivoluzionario che era il re Vittorio Emanuele III. Ma solo alla fine del giugno 1934 fu reso noto quante sarebbero state le corporazioni e da chi sarebbero state composte. 108 20 MUSSOLINI, XXVI, pp. 86-96. 21 A. P., Senato, Legislatura XXVIII, Discussioni, vol. VI, p. 7101. 22 Ibidem, p. 7102. Bibloteca Gino Bianco •

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