Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

La magistratura del lavoro colante per ambedue le parti. Chiunque rifiuti di accettare le sentenze del tribunale, anche se a titolo puramente personale, è passibile di detenzione sino al massimo di un anno. Il ministro della Giustizia, Rocco, in un discorso pronunciato a Peru– gia nell'agosto 1925, che Mussolini avallò scrivendo che in esso erano "chiaramente riaffermati i capisaldi programmatici" della dottrina fascista,5 giustificò l'abolizione del diritto di sciopero e l'intervento dello Stato come arbitro supremo tra il capitale e il lavoro, con i seguenti postulati morali, legali e politici: La illimitata e sfrenata autodifesa di classe, che si manifesta con le serrate, gli scioperi, i boicottaggi, i sabotaggi, conduce fatalmente all'anarchia. La dottrina fascista vuole attuare la giustizia tra le classi, che è una esigenza fondamentale della vita moderna, ma vuole impedire l'autodifesa di classe, fonte, come l'autodifesa individuale propria dei tempi barbarici, di disordine e di guerra civile. Posto il problema in questi termini, esso non ammette che una soluzione: la realizzazione della giustizia tra le classi per opera dello Stato. Lo Stato, organo specifico del diritto, ha, da secoli, vietato l'autodifesa fra gli individui e vi ha sostituito la giustizia di Stato. È tempo che vieti l'autodifesa fra le classi e vi sostituisca la giustizia di Stato. 6 E nella relazione che accompagnava alla Camera la presentazione del disegno di legge che fu approvato il 3 aprile 1926, Rocco tornava a ripe– tere: Orbene lo Stato non è lo Stato, cioè non è sovrano, se non riesce, come già fece con l'autodifesa individuale, a vietare anche l'autodifesa di categoria e di classe e a porsi come giudice nei conflitti fra le classi. 7 M h ' "I S "" L S . ' . a c e cosa e o tato r o tato 1n se stesso e una astrazione. L'essenziale è di sapere chi si "pone come giudice" nel nome dello "Stato." Nello Stato italiano fascista troviamo che alla base i contratti di lavoro sono preparati dai rappresentanti dei grossi datori di lavoro e dai funzio– nari nominati dall'alto che dirigono i sindacati di lavoratori. Secondo quan– to affermò l'on. Giardina alla Camera, il 25 novembre 1931: "Noi dobbia– mo distogliere ogni tendenza dei lavoratori alle contese economiche del lavoro; le contese dei salari che rientrano nel compito dei dirigenti (...) " 8 si è creato un commissario con poteri decisionali; di regola il commissario sarebbe previsto che decidesse pacificamente; ma ogni volta che insorgano aspri conflitti tra i rappresentanti dei datori di lavoro e i rappresentanti [sic] dei lavoratori, i punti controversi sono riman- . dati al giudizio di un arbitrato per le vertenze industriali." Un tale commissario non è mai esistito se non nella fantasia di Sir Frank. Robertson (op. cit., p. 135) mostra un'immaginazione ancor piu sfrenata: "Invece di organizzazioni sindacali di una sola parte, la legge 3 aprile 1926 ha creato sindacati professionali e industriali, formati di datori di lavoro e di lavoratori, sotto il controllo dello Stato. Qualora nel corso dei loro incontri sorgano conflitti che non possano risolvere da soli, Mussolini ha previsto in tal caso una magistratura del lavoro alla quale essi possono ricorrere; se anche questi tribunali si dimostrassero incapaci di una composizione pa– cifica, la vertenza può essere allora portata davanti allo stesso Mussolini." 5 Cfr. la lettera di Mussolini a Rocco, dopo il suo discorso, in A. Rocco, Scritti e di– scorsi politici, vol. III, La formazione dello Stato fascista (1925-1934), Milano, Giuffrè, 1938, p. 1115. [N.d.C.] 6 Ibidem, p. 1106. . 1 A. P., Camera, Legislatura XXVII, Disegni di legge e relazioni, vol. XIII, doc. n. 624, p. 5. 8 A. P., Camera, Legislatura XXVIII, Discussioni, vol. V, p. 5465. 67 Bibloteca Gino Bianco

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