Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Memorie e soliloqui Questa conversazione è molto interessante, De Viti, in principio, la con– sidera come sintomo del disagio, in cui si trova un giornalista professionale in un regime di pressione continua sui giornali, che non possono dare altre notizie all'infuori di quelle che piacciono al Governo. Io gli ho fatto osser– vare, e De Viti ha finito col convenirne, che questa non è spiegazione suffi– ciente. È probabile che nazionalisti, militari, salandrini, grossi industriali, agrari, comincino ad essere sospettosi di Mussolini e delle organizzazioni operaie che si sono agglomerate sotto la bandiera fascista, e della milizia nazionale, e delle squadre che giurano fedeltà a Mussolini. E questi signori, il cui uomo di domani sarebbe Federzoni, vorrebbero che un movimento di opposizione si formasse contro Mussolini col bandierone della libertà per approfittarne a... vantaggio della loro politica. Bisogna, dunque, osservare attentamente questi sintomi di inquietudine nelle forze di destra. Se avvenisse una divisione fra nazionalisti-militari e fascisti-sindacalisti, si andrebbe verso un governo Federzoni, nettamente rea– zionariò, militarista, clericale; e si potrebbe sperare in una spinta di tutte le forze democratiche contro la reazione e contro il nazionalismo. Ma anche da una spinta democratica di questo genere che cosa sperare? Sarebbero tutti i vecchi imbroglioni, che si farebbero avanti: Giolitti, Orlando, Nitti, Domi– zio Torrigiani, ecc. ecc. Questa è la condizione spaventevole a cui siamo ridotti: non avere fiducia né in Mussolini, né in Federzbni, né negli avversari di Mussolini e di Federzoni. I giornali dicono che D'Annunzio cerca casa a Gorizia. Che cosa an– drebbe a rimestare quell'uomo a Gorizia? Si avvicinerebbe alla frontiera a preparare probabilmente qualche colpo di mano a Fiume. Fortunato mi dette ieri a Napoli queste informazioni. Allo scoppio della guerra, avevamo 142 generali; al momento dell'armistizio ne avevamo 1246, stipendio massimo 60 mila lire, stipendio minimo 25 mila. Questa gente non vuole andarsene a casa: e questo spiega la impresa di Fiume, il fascismo, e il retroscena di moltissimi avvenimenti di questi ultimi quattro anni. Fortunato mi ha raccontato che De Pretis quando Crispi e Nicotera diventavano piu accesi nella opposizione, diceva: "Sono ridotti agli estremi"; entrava con loro in trattative, pagava i debiti, e si assicurava cosf un periodo di tranquillità. Nel 1887, quando Crispi andò al governo con De Pretis, que– sti gli pagò per 150 mila lire di debiti. Questa notizia la dette nella con– versazione di casa Fortunato, la sera del 28 dicembre, Benedetto Croce, che diceva di averla saputa da Giolitti. Un altro aneddoto udito da Fortunato. Nel 1867, in occasione del tènta– tivo. di Mentana, partirono da Napoli, organizzati da Lacava, che era que– store e che fu destituito per questo, un gruppo di un centinaio di giovani 67 BiblotecaGino Bianco

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