Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo 1mquo che gente improvvisata pretenda di avere gradi e stipendi come uo– mini che hanno una carriera di venti, trenta, quarant'anni. Confronta le discussioni fra Mussolini e Diaz e Thaon, di cui nella lettera dell'ufficiale a Fortunato. De Viti mi ha raccontato che c'è stato realmente il progetto di man– dar via Toeplitz dalla Banca Commerciale: una persona vicina a Mussoli– ni andò a domandargli il nome di un possibile successore di Toeplitz; De . Viti rispose che era una follia voler sostituire Toeplitz, che è il solo uo,– mo che conosca, in Italia, il mestiere del banchiere. Visconti-Venosta mi raccontava ieri mattina che Michele Bianchi gli ha mandato a dire che se non tiene a posto la lingua gli farà somministrare folio di ricino. Anche lui dice che nel Mezzogiorno la divisione fra fascisti e nazionalisti si generalizza: dei due gruppi, in cui si dividono i politi– canti locali, l'uno si butta al fascismo, l'altro al nazionalismo. Anche lui pensa probabile che la Casa Reale aiuti sotto mano i nazionalisti, non fidandosi molto dei fascisti. Prevede che Toeplitz prenderà posizione con– tro Mussolini, e cercherà forse di travolgerlo in uno scandalo di indole morale. Ieri sera qui, un amico di Fortunato, impiegato al Ministero delle Fi– nanze, raccontava che un giornalista del Mondo, certo Iannicoli, gli diceva che era necessario raccogliersi intorno a Federzoni per neutralizzare Mus– solini. Fortunato pensa che Mussolini voglia buttarsi a sm1stra. Di tutte le conversazioni, che ho avuto a Roma, la piu importante è stata quella con Amendola, la mattina del 26, fra le 11 e le 12,30, nella redazione del Mondo. Amendola mi ha raccontato che, nella crisi del febbraio 1922, Facta non avrebbe voluto prenderlo nel Ministero, ma dové prenderlo per forza, come rappresentante di un gruppo della sinistra, cioè del gruppo cosi det– to nittiano. Nel luglio Amendola avrebbe voluto evitare la crisi; ma quan– do la crisi avvenne, egli era in colonia. Tornato a Roma, si domandò se non avrebbe fatto meglio a rifiutare l'adesione al ministero Facta: ha un profondo disprezzo per Facta; lo considera vile, bugiardo, sciocco, essere da non dare nessun affidamento né intellettuale né morale. Accettò di ri– manere ministro, perché sperava, d'accordo con Taddei ed Alessio, di tra– scinare Facta ad una politica energica di fronte ai fascisti. Ma nel Mini– stero c'era il gruppo di Riccio, di Cesari e Fulci - questi ultimi due, de– mosocialisti, cioè massoni (anche Mussolini è massone, secondo mi disse Mario Ferrara) - i quali erano contro ogni "spargimento di sangue": quasi che da due anni i fascisti facessero altro che spargere sangue. Taddei era uomo di idee chiare, ma aveva la psicologia del funzionario: vedeva quel che si dovesse fare, ma non osava fare; aspettava che Facta decidesse; e Facta non decideva mai nulla. Amendola, vedendo che non si poteva con- 58 BiblotecaGino Bianco

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