Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Memorie e soliloqui occupazione delle fabbriche sembrarono il principio della fine, mentre erano proprio... la fine. Nella Venezia Giulia le violenze contro slavi e socialisti apparivano efficaci. Era naturale che si presentasse l'idea di estendere il sistema. Giolitti e Vigliani avevano sempre fatte le elezioni nel Mezzogiorno con metodi fascisti; era naturale che pensassero ad estendere il metodo nei centri piu sovversivi dél Nord. Bonomi fu il complice necessario, come ministro della Guerra. L'uccisione del Giordani nel Consiglio Comunale di Bologna fu non la causa, ma il pretesto dello scatenamento fascista nell'Emilia: il fascio era organizzato a Bologna prima, anzi preannunciò l'assalto al municipio per il giorno dell'inaugurazione del nuovo consiglio comunale; e il Gior– dani fu ucciso in un accesso di panico criminale, perché i socialisti teme– vano di essere assaliti dai fascisti. (Tutti i precedenti di questo fatto van– no ricostruiti con cura.) Da questo momento in poi, fascisti, carabinieri, guardie regie, magi– strati, delegati, sono contro i socialisti nell'Emilia. Nel febbraio del 1921 il movimento è importato in Firenze e di qui in Toscana: l'uccisione del contadino di Borgo San Lorenzo, da un camion di fascisti, fra cui Chio– stri, Capanni, Agnoletti: il contadino era "suddito" della Cambray d'Igny, amante del padre di Giunta; e poi i fatti di Foiano della Chiana, di Fi– gline, di Empoli, ecc. Queste violenze determinarono nelle elezioni dell'aprile del '21 un mo– vimento di protesta verso sinistra: elezioni disastrose per Giolitti. Giolitti cade. Succede Bonomi, uno degli organizzatori del fascismo militare. E le violenze si estendono su larga scala: cominciano i concentramenti in grandi masse. Bonomi poteva rimetter l'ordine: i fatti di Sarzana lo dimostrano; ma non volle. E dall'estate del '21 in poi la situazione è andata precipitando. 6 6 "Avanti!," 10 dicembre: Baratono... spiega. In seguito alle pubblicazioni fatte oggi sui giornali sulla scorta di informazioni di Agenzie romane, abbiamo creduto opportuno e conve– niente chiedere all'on. Adelchi Baratono delucidazioni in proposito. Egli ci ha fatto le seguenti dichiarazioni: 1) Il colloquio con l'on. Mussolini avvenuto dopo il colpo di stato fu procurato da comuni amici, uno dei quali iscritto al partito, che mi invitò a recarvisi. Io aderii all'invito dopo aver consultato il segretario politico del mio partito. 2) Non fui mai interventista, né collaborai mai al "Popolo d'Italia," dal quale invece venni attaccato violentemente durante la campagna contro la guerra, fatta dal partito socialista. 3) Circa il contenuto del colloquio credo di dovere tenere in pubblico il dovuto riserbo; ma le mie recenti iniziative nulla hanno a che vedere con qualsiasi piano premeditato e con qualsiasi accordo col governo, come possono testimoniare la direzione del partito unitario e i partecipi diretti del colloquio. Del resto sospettarmi di un simile piano vuol dire non conoscere i metodi politici costantemente seguiti nella mia opera di deputato. Delle mie iniziative ho sempre lealmente messo a parte chi di dovere. Quella di organizzazione del partito socialista in senso unitario data dal congresso di Roma; quella proposta di revisione in senso idealistico delle dottrine marxiste, data da tempo e fu sempre da me affermata da Livorno in poi. L'on. Baratono ci ha infine dichiarato che egli non intende dare soverchia importanza alle interessate fantasie dei giornali borghesi, mentre desidera chiarire le cose che lo riguardano nei confronti del nostro giornale e dei socialisti che in malafede potrebbero cadere in equivoci. E noi aspettiamo i chiarimenti promessi. . [Ecco una prova dei pourparlers, di cui mi parlava Donati. La parlamentarità del discorso Turati, e il discorso D'Aragona, avevano, dunque, una base in trattative precedenti. Mussolini, dato il colpo, cercò di trattenerlo, d'accordo forse col re; e Turati si prestò al gioco di non spingere le cose agli estremi.] 43 BiblotecaGino Bianco

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