Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

L'assassinio dei Rosse/li nato all'ergastolo, sebbene si trovasse in Spagna e non in Roma nel 1937 e contro di lui non vi fosse che una tardiva chiamata di correo di Emanue– le. È vero che era fuggito nel corso del processo. Ma chi fugge dal car.– cere dimostra che si annoia a stare in carcere, non che è colpevole. Per Roatta, piu che per Pariani, una assoluzione in forma dubitativa per quel capo di accusa avrebbe rappresentato un minore rischio di ingiustizia. Poi entrò in scena la Suprema Corte di Cassazione. Questa annullò le sentenze nei riguardi di Navale, di Angioy e di Pariani; rinviò i primi due alla Corte di Assise di Roma, e assolse Paria– ni "per non aver commesso il fatto." Dalla assoluzione per non provata reità all'assoluzione per non aver commesso il fatto il passo non era gran– de. Ma per Pariani, come per Angioy, un nuovo giudizio in loro presenza sarebbe stato necessario per purgarli davvero dell'accusa. La palla fu allora presa a volo dalla Corte di Assise di Roma. Questa assolvette r Angioy, non con forma dubitativa, ma "per non aver commes– so il fatto.'~ Se la Corte di Cassazione aveva assolto Pariani, poteva la Cor– te di Assise non assolvere Angioy? La Corte riconobbe la responsabilità di Navale, ma ridusse la pena a sette anni di prigione, grazie alle scriteriate amnistie e indulti, di cui va dato il merito ai partiti antifascisti; "tutti" i partiti antifascisti che sgo– vernarono l'Italia dal 1944 al '46. Una sentenza suicida Rimanevano tuttora da condurre a salvamento Roatta, Anfuso, Ema– nuele e Navale. Anche per costoro la Cassazione intervenne di nuovo. Il 6 marzo 1948, li prosciolse senz'altro dall'accusa di avere mantenuto in vi– gore il regime fascista (materia che non interessa il nostro argomento); annullò senz'altro le sentenze contro Roatta e Petragnani "per non aver commesso i fatti loro attribuiti"; e rinviò Emanuele e Navale per un nuo– vo giudizio insieme con Anfuso alla Corte di Assise straordinaria di Pe– rugia. Poco prima la stessa Corte aveva assolto gli assassini di Giovanni Amen– dola con la formula dell'assassinio preterintenzionale: la tremenda basto– natura che quei galantuomini avevano somministrato ad Amendola nel 1925, aveva prodotto la morte parecchi mesi dopo; ma loro (poveretti!) non avevano avuto intenzione di ucciderlo. La Suprema Corte di Cassazione sa– peva quel che faceva. Inoltre la sullodata· Corte preparò la passerella per l'assoluzione, mettendo in luce il fatto (già utilizzato nel 1937 dalla "pro– paganda" fascista) che nessuno dei cagoulards arrestati aveva fatto cenno di avere ricevuto il mandato da italiani. La Suprema Corte ebbe cura anche di ricordare nella sua sentenza che "la persecuzione del fuoruscitismo era nel programma proprio dei cagou- 629 BiblotecaGino Bianco

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