Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo lora capo di stato maggiore dell'esercito, maresciallo Cavallero, la depennazione di non so quale biasimo solenne che veniva ad infamarlo." "Per citare qualcuno dei miei inter– venti, basterà che io rammemori come nell'inverno del 1941 l'Emanuele mi scongiurava di andare a perorare dal principe di Piemonte la sua inclusione in certi quadri di avan– zamento a generale, da cui era stato escluso. Il mio colloquio col principe non fu fe– lice. Quando gli esposi il motivo della mia visita, Umberto di Piemonte mi rispose: 'Ab– biamo saputo che il colonnello Emanuele ha messo in giro voci poco simpatiche nei no– stri confronti e che il suo atteggiamento è molto criticato.' Non c'era niente da fare!" 20) "Perché, allora, avete continuato ad assistere, sino al punto di apparire suo complice, un uomo di cui riprovavate le azioni?" Risposta: "Ho già detto qual era il giudizio generale circa l'attività di Emanuele. A prescindere da tale giudizio collettivo, l'Emanuele continuava a rendersi utile. Ciano aveva riportato una buona [sic] impressio– ne del gesto da lui compiuto, e pur non occupandosene personalmente, non voleva di– sinteressarsi del tutto di lui. Per quanto mi concerne, sebbene la cosa mi pesasse, non è mai stato nelle mie abitudini abbandonare qualcuno al suo destino, specie con un uomo, come Emanuele, che sapeva, abilmente, alternare la supplica ad una specie di voluto rimprovero, dal quale voleva, senza dirlo, far trapelare che una parte delle sue gesta era stata compiuta per entrare nei favori del conte Ciano. E purtroppo era cosf!" 21) "Ho parlato di una smorfia ricattatoria; ho parlato di un velato rimprovero. Come potevo io indulgere ad un simile, sia pure indefinito, atteggiamento?" Risposta: "L'individuo credeva che, servendosi delle pericolose armi messegli a disposizione dallo Stato, potesse provocare l'ammirazione o ritenere l'amicizia del fascismo al potere. È quanto egli si illuse di poter fare con Ciano. Nelle sue smorfie da me registrate e tol– lerate, c'era tutta l'angoscia e la mortificazione di non vedere giustamente compensate da Ciano le fatiche da lui compiute nell'intenzione di piacere a quest'ultimo. Profondo era il suo cruccio di osservare come io aderissi alle sue sollecitazioni solo per sdebitarmi dei piccoli favori che mi rendeva." 22) "Non capisco come Emanuele di fronte a questa mia continua assistenza non abbia trovato piu semplice dire ai giudici che io fossi, necessariamente, un complice; solo un complice potrebbe preoccuparsi degli interessi e della salvezza di una persona con tanto accanimento: di una persona, poi, tanto insidiata dalla sorte, dagli uomini e dal suo carattere." "Perché, allora, Emanuele non ha detto che Ciano ed io stesso erava– mo i suoi complici, quando le prove della nostra insistenza in suo favore erano cosi evidenti?" Risposta: "L'uomo non poteva avere prove della nostra complicità. Se mai, ne possedeva della nostra riprovazione. Anche se avesse saputo che la lettera era stata di– strutta, non avrebbe osato formulare una accusa diretta per il piacere di trovarsi di fronte alle prove di tale riprovazione. Ha preferito, perciò, di girare l'ostacolo, e parlare di or– dini dati, a lui, dai suoi superiori diretti." 23) Nel luglio del 1943, dopo il colpo di Stato, Emanuele andò a trovare An– fuso, e lo pregò di domandare a Ciano la restituzione della lettera scritta nel 1937: "Se oggi quella lettera cade nelle mani di qualcuno, io finisco contro un muro." Ciano non ricordava se la lettera l'avesse distrutta o affidata con altri documenti a persone di sua fiducia perché li conservassero finché non fosse passata quella tempesta. 24) L'Emanuele "ha trovato comodo supporre che l'ordine di esecuzione dei Ros– selli sia stato dato da Ciano e da me al sottosegretario generale Pariani, ed al colon– nello Angioy: cioè ai suoi superiori diretti. A parte la circostanza, facilmente prova– bile, che tanto Ciano che io non eravamo in grado di dare ordini di nessuna natura al Ministero della guerra, specie in materia di assassinio, io personalmente avrò visto due o tre volte, in vita mia, il generale Pariani, sempre in circostanze ufficiali, e una volta, di sfuggita, il colonnello Angioy. Perché Pariani e Angioy avrebbero dovuto ese– guire i nostri ordini impartendoli ad Emanuele, il quale ci frequentava regolarmente, ed al quale avremmo fatto piu presto a dirlo direttamente di persona?" 25) Emanuele ha narrato di aver notato che, <lopo l'uccisione dei Rosselli, la preoccupazione di Ciano e mia era di conoscere se Mussolini fosse al corrente della cosa, in quanto noi avevamo agito senza l'approvazione di Mussolini. E come avremmo po• 618 BiblotecaGino-Bianco

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