Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Prefazione a "Oggi in Spagna domani in Italia" Nei suoi studi storici, Nello cercava risolvere la contraddizione che tormentava la sua vita, fra il dovere di servire il suo paese, e la impossibi– lità di servirlo nelle condizioni attuali. Si teneva a contatto con molti giovani ed esercitava su di essi un gran– de ascendente. Essi ricorrevano a lui per consiglio, anche da altre città, in momenti per loro difficili. Durante le sue peregrinazioni nella campagna toscana, amava frequen– tare i ritrovi popolari, dove, diceva, si trovava a casa sua. In quei ritrovi, naturalmente, nessuno parlava di politica. Ma la sua serenità, semplicità e affabilità creavano intorno a lui un alone di simpatia. Spesso andava soggetto a crisi di sconforto e di depressione. Ma si ri– prendeva e continuava per la sua via. L'indignazione che l'atto infame compiuto su di lui produsse in Ita– lia, ha dato la misura dell'influenza che egli esercitava. Dopo il 1930, la polizia fascista si convinse che Nello si asteneva da ogni attività politica, e gli permise piu volte di lasciare l'Italia per i suoi studi. Quando gli era possibile, egli veniva a passare alcuni giorni in Fran– cia con suo fratello. Le sue opinioni politiche non erano identiche a quelle di Carlo. Nello era un democratico della tradizione mazziniana. Carlo era un socialista indipendente che cercava di conciliare la democrazia e il socia– lismo. Ma i due fratelli si adoravano. Quando fu assassinato con suo fratello, Nello gli faceva una delle sue visite furtive di pochi giorni. Si era allontanato da Firenze da una settima– na e faceva conto di ritornarvi entro pochi giorni. Carlo, e non Nello, era stato condannato a morte da Mussolini. Carlo era uno dei pochi capi che fossero sorti dalla generazione del dopoguerra. Aveva guadagnato la sua autorità nel carcere e nelle piu mol– teplici attività illegali e pericolose. Il suo nome significava per centinaia di giovani in Italia coraggio personale e intransigenza morale. Nessuno poteva accusarlo di essere antifascista perché il fascismo lo avesse privato di un posto onorevole e lucrativo. Se avesse aderito al regime fascista avreb– be ottenuto tutti gli onori che la vanità avrebbe potuto desiderare. Rappre– sentava la nuova generazione che nella lotta contro il fascismo deve pren– dere il posto di noi, vecchi uomini, eliminati dagli anni, dagli errori, dal– le sconfitte. La sua agiatezza gli consentiva di dedicare tutto il suo tempo e tutta la sua energia alla lotta politica. Col suo patrimonio egli contribuiva lar– gamente alle spese per il movimento antifascista. Mussolini facendolo as– sassinare, poteva sperare che il settimanale Giustizia e Libertà, diretto da Carlo, avrebbe cessato di uscire, quando l'opera e i contributi finanziari di Carlo fossero venuti meno. Poteva sperare che tutto il movimento che si era sviluppato intorno a quell'uomo, in Italia e fuori d'Italia, si sfascias– se. Colpisci il pastore e si disperderanno le pecore. Mussolini poteva anche sperare di spargere il terrore fra gli antifasci- 595 BiblotecaGino Bianco

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