Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo un ultimatum e minacciargli la guerra. Vogliono arrivare alla guerra i pa– cifisti inglesi? No. E allora che fare? Piegare le braccia, desolati, e lascia– re che le cose seguano il loro corso. Anche per quanto riguarda il negus e i suoi ras, l'eruzione antibritan– nica della stampa mussoliniana non è fatta per dispiacere al Foreign Office. Il ministro inglese ad Addis Abeba dirà al negus: "Cedete; quell'uomo è pronto a tutto; minaccia finanche l'Inghilterra; immaginarsi quello che f ' . ,, ara con voi. S'intende che il Foreign Office non domanda di meglio che evitare la guerra, non perché gli importi molto del sangue italiano o abissino, ma perché piu la matassa si aggroviglia, piu la guerra diventa probabile, e piu difficile gli riesce conciliare la necessità di non sfidare l'opinione pubblica inglese con l'obbligo di appoggiare diplomaticamente Mussolini. L'ideale sarebbe che il negus si lasciasse indurre dalla diplomazia inglese a fare qualche concessione, di cui Mussolini potesse dichiararsi soddisfatto. Cosf la diplomazia inglese prenderebbe due piccioni ed una fava: eseguirebbe gli accordi del dicembre 1925 e si presenterebbe nel 1936 agli elettori ingle- . " 1 dli " s1 come ange o e a pace. Ma anche se si arriva alla guerra italo-abissina, quello che importa al Foreign Office è di poter mettere insieme un bel libro blu dimostrante che i diplomatici inglesi, a Roma e ad Addis Abeba, hanno fatto tutto il pos– sibile per evi tare la guerra, consigliando concessioni al negus e moderazio– ne al duce, ma ogni buona volontà ha naufragato contro la testardaggine delle due parti. Insomma, è mia opinione che è vano aspettarsi dal Foreign Office una azione coerente ed energica per impedire la guerra; che il Foreign Office, pur desiderando che la guerra non scoppi, cerca sopratutto di mettersi in grado di dimostrare che ha cercato d'impedirla senza riuscirvi; e che la sol– levazione antibritannica della stampa mussoliniana serve alla perfezione la commedia diplomatica britannica. Quando Mussolini urla con gli occhi fuori della testa che nessuno de– ve intervenire nella sua vertenza con l'Abissinia, sa di urlare contro il nulla. Il Foreign Office non può intervenire che a sua richiesta e per appoggiarlo diplomaticamente (accordi dicembre 1925); il Quai d'Orsay, se non si è impegnato anch'esso ad appoggiarlo diplomaticamente, si è certo impegna– to a non opporglisi (accordi gennaio '35); Hitler ha ben altro da fare che mettersi fra i piedi a Mussolini in Abissinia: gli basta che Mussolini vada fuori dai piedi in Austria. Gli urli del duce servono solamente per la pla– tea italiana. Dove un diplomatico della vecchia scuola direbbe quietamente che il governo italiano è certo di non incontrare attacchi nella sua strada, il duce imbocca la tromba napoleonica e grida: "Dio me l'ha data. Guai a h . I ,, c 1 me a tocca. La sola resistenza con cui Mussolini deve fare i conti è quella del ne– gus. Nel 1926, di fronte alla intesa anglo-italiana, con un'Europa assai me- 558 BiblotecaGino Bianco

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