Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

La realtà dello Stato corporativo paese del mondo e che non esisteva neppure in Italia prima del fascismo. Nazionalizzazioni, municipalizzazioni, riconoscimento giuridico dei sin– dacati, contratti collettivi, comitati sindacali paritetici, consigli superiori del lavoro e della economia, uffici di assistenza all'esportazione, assicurazioni so– ciali, imposizione di tipi, consorzi, dazi, premi ecc. sono da anni e da decen– ni elementi normali della vita economica di tutti gli Stati. L'Australia offre da trent'anni l'esempio di un intervenzionismo statale assai piu deciso ed organico di quello fascista; nella stessa liberistica Inghil– terra un terzo del capitale nazionale è nelle mani dello Stato e delle autorità locali o da loro controllato; dal 1907 i Tracie Boards fissano i salari dei lavo– ratori a domicilio ... Come benissimo scrive un fine conoscitore della vita economica italiana, il Rosenstock-Frank, del quale riproduciamo piu avanti un articolo apparso su Esprit, "il corporativismo fascista è, i'n prati.ca, essenzi'almente il capitali– smo il pùi ordi'nari·o, t'l piu banale, ossequiente ma non prono alle esigenze dittatoriali e conservante i suoi due attributi fondamenta-li: proprietà privata liberale, profitto. 113 Con questo non vogliamo negare che si sia fatto qualche cosa in mate– ria di intervento economico o di assistenza. Un governo è sempre un gover– no e nella sua azione non può naturalmente trascurare certe esigenze in– declinabili di vita e di progresso di un popolo. Quando il governo fascista unifica l'emissione, abolisce i dazi consumo, riorganizza il servizio stradale, istituisce l'assicurazione contro la tubercolosi, compie atti obbiettivi di go– verno, atti utili; ma non è con questi pannicelli caldi amministrativi che si può giustificare la dittatura, il terrore, la persecuzione di ogni libero pensiero e di ogni autonomia in un paese moderno. Lavori pubblici? Cer– to. Ma chi sa ad esempio in Italia che nel solo distretto della Senna tra il 1928 e il 1932 si eseguirono opere pubbliche per un complesso di 13 miliardi di franchi corrispondenti alle opere pubbliche eseguite in tutta Italia nello stesso periodo? I giornali francesi dedicarono poche righe alla relazione; la stampa italiana invece stambura su quattro colonne, tutti i g10rm. 3 A confermare questo giudizio è venuto il discorso Mussolini in Senato del 13 gennaio 1934. "L'economia corporativa," ha proclamato tra gli applausi, "rispetta il principio della pro– prietà privata. La proprietà privata completa la personalità umana: è un diritto e, se è un diritto, è anche un dovere. Tanto che noi pensiamo che la proprietà deve essere intesa in fun– zione sociale. L'economia corporativa rispetta l'iniziativa individuale. Nella Carta del Lavoro è detto espressamente che soltanto quando l'economia individuale è deficiente, inesistente o insuf– ficiente, allora interviene lo Stato." È difficile immaginare posizione piu vieta e conservatrice. Thiers, Bastiat, Leroy-Beaulieu, Jevons, tutti i profeti della borghesia hanno sostenuto queste tesi. Stuart Mill, in confronto appare quasi rivoluzionario. La proprietà come "funzione sociale," l'interesse come "premio all'astinenza," l'iniziativa individuale come "moralità concreta," sono queste le formule classiche del puritanesimo capitalistico, le foglie di fico con cui la borghesia copre la realtà economica. La relazione del bisonte De Vecchi in Senato è ancora piu esplicita. La corporazione è "la pace sociale nel regno del purissimo spirito." Rocco dal suo canto ascrive a grande merito del corporativismo "di aver contribuito potentemente all'assestamento dell'economia italiana nel periodo della stabilizzazione mediante l'adeguamento dei costi e dei salari al nuovo \·alore della lira." Ecco un conservatore sul serio 547 BiblotecaGino Bianco

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