Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo tatto intimo e continuo coi singoli, a poco a poco perdette di importanza e si andò atrofizzando, mentre le associazioni di grado superiore (le Confede– razioni) si andarono sempre piu irrobustendo e sviluppando ... Il sindacalismo perdeva il suo slancio rivoluzionario." Confessione tremenda della inesisten– za, della artificiosità del sindacalismo fascista caduta forse per disattenzione dalla penna del suo supremo reggitore. Quando noi dicevamo la stessa cosa nel 1926 eravamo accusati di opposizione preconcetta. Ma forse che i nuovi progetti eliminano il male, ridanno vigore e auto– nomia al sindacato, fondano la corporazione su organizzazioni "a contatto intimo e continuo coi singoli"? In nessun modo. Sindacato e corporazione continuano a essere organizzati, controllati, diretti dall'alto. Un colmo di impudenza. Si rivelano le cause del male e si riperpetuano aggravandole. Terzo punto, la politica economica del regime. Non esiste nessun segno che la politica economica del regime sia diretta sul serio ad attuare una eco– nomia, non diciamo socialistica, ma controllata. Nelle questioni essenziali l'in– dividualismo economico e l'iniziativa privata comandano purché, beninteso, non ostacolino l'esercizio della dittatura politica. I famosi Consorzi obbli– gatori, che tanto inchiostro fecero scorrere, non sono stati mai organizzati. Gli interventi statali non sono interventi preventivi, sistematici, in relazione ad un piano economico: sono interventi successivi, salvataggi di imprese pe– ricolanti. Si socializzano le perdite - cioè si fanno pagare ai contribuenti le perdite causate dalle iniziative, dagli errori, dalle truffe private - ma'non si socializzano i guadagni. O, come dimostra egregiamente un nostro colla– boratore in questo stesso numero, si prendono a balia le aziende fallimentari per restituirle alla "iniziativa privata" non appena siano state risanate coi capitali del risparmio delle masse. Altra prova la politica tributaria del regime, infeudata agli interessi con– servatori. Prevalenza delle imposte indirette e sui consumi, affrancazione del capitale mobiliare, abolizione o riduzione delle imposte di successione. L'intervento essenziale è politico e per fini politici, non economico. La dittatura fascista ha creato una sorta di divisione del lavoro: alla oligarchia fascista con a capo Mussolini le leve politiche; alla borghesia le leve econo– miche (basta ricordare i nomi dei ministri delle Finanze). Fino a che questa divisione sarà rispettata non vi saranno urti. Il giorno che Mussolini volesse sul serio tentare un esperimento riformatore nella sfera produttiva l'idillio apparente esistente in Italia si muterebbe in guerra mortale. Ma Mussolini non ha nessuna intenzione di suicidarsi. Insomma - e questa è la conclusione centrale - lo Stato corporativo in nessun modo può considerarsi come una esperienza rivoluzionaria. Le basi della vita economica e sociale italiana restano intatte; le grandi riforme non sono che un bluff; appaion grandi solo ai cervelloni rachitici di coloro che subiscono senza reagire la propaganda fascista e sono nella piu assoluta igno– ranza di ciò che avviene all'estero. Tutta la polemica fascistico-corporativa si rivolge contro una presunta economia liberistica che non esiste in nessun 546 BiblotecaGino Bianco

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