Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

ti Scritti sul fascismo Lo Stato "sindacalista" è anche chiamato Stato "corporativo." Come abbiamo già raccontato, vi erano già state in Italia, prima del 1926, delle voci di "corporazioni," cioè organizzazioni miste di padroni e lavoratori, le quali, liberate dai pregiudizi sociali, porrebbero termine ai conflitti di classe fissando le condizioni di lavoro, ripartendo equamente i profitti tra datori di lavoro e operai, regolando la produzione e la distribu– zione ecc. ecc. Lo Stato "sindacalista," cioè lo Stato che riconosce organiz– zazioni distinte per padroni e operai, non è uno Stato "corporativo." Solo quando i "sindacati" si associano per formare le "corporazioni" in cui pa– droni e lavoratori amministrano in comune gli affari comuni, solo allora lo "Stato sindacalista" diventa il gradino necessario per arrivare allo "Stato . " p· d 1 " . . " f 1 "S corporativo. mo a quan o e corporaz10m non sono ormate, o ta- to sindacalista" non solo non è lo "Stato corporativo," ma può anche essere l'antitesi dello "Stato corporativo." La legge del 1926, creò organizzazioni distinte per i datori di lavoro e per i lavoratori: cioè non andò al di là dello "Stato sindacalista," sindacali– sta bene inteso per burla, alla maniera di Mussolini, e non sul serio, alla maniera di Sorel. Ma pur guardandosi bene dal turbare i datori di lavoro con lo spauracchio della "corporazione," la legge del 1926 disponeva (art. 3) che "organi centrali coordinatori, con una superiore gerarchia comune" dovessero essere creati tra le organizzazioni di padroni e di lavoratori. Il regolamento del 1° luglio 1926 dette il nome di "corporazioni" a questi "organi coordinatori" dando loro facoltà "di stabilire le norme generali con– cernenti le condizioni di lavoro" e stabilendo, esplicitamente che dovessero essere "organi dell'amministrazione dello Stato" (paragrafo 43); ma nean– che allora si venne a sapere in che cosa mai queste "corporazioni" dovessero consistere; solo "coloro che sanno" spiegarono che per ciascun mestiere vi sarebbe stata una "corporazione" formata da periti e da delegati delle or– ganizzazioni legalmente riconosciute, di datori di lavoro e di lavoratori, e alla "corporazione" sarebbe stato dato il potere di soprintendere l'attività della produzione nell'interesse della nazione. Nel luglio 1926 sorse il Ministero delle corporazioni, senza che vi fos– se ancora nessuna corporazione. Ministeri del lavoro se ne trovano in tut– ti i regimi democratici e non democratici di questo mondo, senza che nes– suno li abbia mai esaltati come pietre angolari di una nuova organizzazione sociale. Anche in Italia, prima della "marcia su Roma," esisteva un Mini– stero del lavoro. Il governo fascista l'aboH nel 1923, e lo ricreò tre anni dopo col nuovo nome. Nel marzo 1928, un filosofo americano, pur riconoscendo che le cor– porazioni fasciste non esistevano ancora, e che le Confederazioni di padroni e di lavoratori "non erano affatto corporazioni, ma la vera antitesi di cor– porazione," fece a New York una conferenza "Italy incorporateci." Poco importava a lui, filosofo, se le corporazioni esistessero o no: 530 BiblotecaGino Bianco

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