Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo bre 1931 che i salari dei contadini nell'Emilia sono scesi del 30% dopo il 1926; in Lombardia del 34%; e in certe provincie le riduzioni hanno rag– giunto il 40 e perfino il 50%. 55 Se aggiungiamo a queste le diminuzioni avvenute ovunque dopo il settembre 1931, si dovrà conchiudere che nei sa– lari agricoli dal 1926 al 1932, è avvenuta una decurtazione che in nessun luogo è inferiore al 50% e che in molti raggiunge il 60%. Un funzionario dei sindacati scriveva nel luglio 1932: "Gli agricoltori hanno instaurata la politica del 40%, cioè non ci possiamo presentare a una discussione sala– riale se non ci si sente chiedere un ribasso di almeno il 40%. " 56 Dopo le riduzioni del novembre 1930, Mussolini affermò in un discorso del 18 dir cembre 1930 che i salari dei contadini non avrebbero dovuto in nessun caso scendere al di sotto delle 8 lire giornaliere; ma secondo gli stessi documenti ufficiali, nel novembre del 1932 vi erano nell'Italia meridionale salari di lire 0,70 all'ora per gli uomini e di lire 0,35 all'ora per le donne: cioè, per una giornata di 9 ore, salari di lire 6,30 e 3,25 al giorno. 57 Nel Lavoro fascista del 20 maggio 1933, un collaboratore che doveva proprio avere perduta la pazienza per scrivere a quel modo, osservava che "a giustificazione della troppa abilità da una parte (quella dei padroni), della impotenza a resistere dall'altra (quella dei funzionari dei sindacati) e forse della comune ipocrisia" era prevalso l'uso di "cambiare i nomi alle cose onde dare carattere di levità alle cose piuttosto gravi": ridurre la paga si dice oggi fare un ritocco armonico; portar via tre o quattro lire a un povero disgraziato: smussare le vette; tagliuzzare a più riprese i cottimi: leggermente limare le tariffe. Espressioni petrarchesche alle quali noi prefe– riamo, per esempio, questa degna di Dante, che tutte le assomma e le giu– dica: far man bassa sui salari. A completare la descrizione del sistema, bisogna aggiungere che molti datori di lavoro considerano i contratti collettivi come puri e semplici "pez– zi di carta" e li violano quando ne sentono il bisogno, lasciando protestare i funzionari dei sindacati quando questi si inducono a farlo. L'll gennaio 1928 il Lavoro d'Italia scriveva: "In tutte le province d'Italia, i contratti di lavoro, perfino quelli non specialmente favorevoli ai lavoratori, sono violati. È tempo di parlare chiaramente a coloro che s'infischiano della Carta del Lavoro fascista, e ne minano in pratica il valore, mentre applau– dono vigorosamente le declamazioni sulla necessità della cooperazione tra padroni e operai, solenne dichiarazione di filosofi. che parlano dello Stato corporativo come un fatto compiuto." Un anno e mezzo dopo il ùworo d'Italia (13 settembre 1929) era costretto a rinnovare le sue proteste: "Non è sempre facile fare un contratto di la– voro; ma quando è fatto, la difficoltà è quella di farlo osservare." "La maggior parte delle vertenze sono per mancato pagamento dell'indennità 55 "Lavoro Fascista," 20 giugno 1932. 156 "Lavoro agricolo fascista," 31 luglio 1932. 57 "Sindacato e Corporazione," gennaio 1933, p. 155. 522 BiblotecaGino Bianco

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