Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Capitale e lavoro nell'Italia fascista sm1 mtervengono solamente i funzionari provinciali e nazionali. Questi so– no nominati dai presidenti delle organizzazioni. Alla loro volta, nei con– gressi nazionali essi "eleggono" i presidenti e i direttod delle organizza– zioni nazionali. Ma anche queste "elezioni" avvengono secondo la solita procedura fascista: l'assemblea vota per acclamazione una lista che è già stata cucinata nel retroscena dai presidenti e dai direttor1 uscenti di carica, d'accordo coi gerarchi del partito. Nella seduta della Camera del 10 marzo 1933, il sottosegretario al Ministero delle corporazioni affermò che le "ca– tegorie devono di frequente adunarsi, discutere dei loro problemi, designa– re i loro dirigenti." Ma erano, al solito, parole dietro a cui non esisteva nes.– suna realtà. Tant'è vero che subito dopo l'oratore aggiungeva: "Il governo e il partito - che è presente e vicino ad ogni nostra attività - potranno trarre da questo intensificarsi di vita associativa utili elementi di giudizio anche per quanto attiene alla scelta dei dirigenti." La scelta, dunque, ri– mane sempre al governo e al partito. In tutto questo, formalmente, non esiste nessuna differenza fra le or– ganizzazioni di datori di lavoro e quelle dei lavoratori; tutte sono control– late dal partito fascista. Ma le stesse disposizioni legali, applicate a gruppi sociali diversi, non possono non produrre conseguenze diverse. Fra i datori di lavoro esiste una grossa differenza tra piccoli e grandi. I grossi industria– li, i grossi commercianti, i grandi proprietari di terre, i banchieri piu im– portanti, possono facilmente accordarsi fra loro in riunioni sociali e di af– fari e fanno anche presto a mettersi d'accordo coi gerarchi locali, provin– ciali e nazionali del partito sulle persone che debbono essere "elette" a dirigere le loro organizzazioni. Perciò queste hanno sempre come presiden– ti, segretari e direttod persone che godono la fiducia non solo dei gerarchi del partito, ma anche di quei datori di lavoro che sono piu influenti in cia– scun gruppo economico. La Confederazione degli industriali e la Confedera– zione dei banchieri, hanno oggi come presidenti nazionali e segretari le stes– se persone che le guidavano prima del 1926. Anche in quelle Confederazioni di datori di lavoro che sono dirette da uomini nuovi, questi sono sempre uomini di fiducia di quei datori di lavoro che posseggono od amministrano le aziende piu importanti. Prendiamo, per esempio, le persone che nel gennaio 1932 furono "elet– te" a formare il direttorio della Confederazione dell'industria per il triennio 1932-35. Esse sono: A. S. Benni, consigliere delegato di una grande azienda metallurgica; 2) A. Bocciardo, grande costruttore navale; 3) E. Parisi, gros.– so appaltatore di costruzioni edilizie e proprietario di case; 4) G. Agnelli, consigliere delegato della piu grande fabbrica di automobili italiane, la Fiat di Torino; 5) G. Donegani, presidente del trust delle industrie chimiche "Montecatini"; 6) Edgardo Morpurgo; 7) Vittorio Pelcese; 8) G. Cenzato; 9) Pirelli, della piu grande fabbrica italiana di oggetti di gomma. È chiaro che un direttorio formato da persone come queste, rappresenta perfettamen– te gli interessi della grande industria italiana. Se estendessimo l'esame dalla 505 BiblotecaGino Bianco

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