Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo opera del movimento di "G. e L." Qualcosa di mutato ci sarà e sarà muta– mento alla radice. Il programma di "Giustizia e Libertà" è un programma minimo, che non contraddice nessun programma di nessun partito antifascista purché que– sti accetti il metodo della libertà. Dopo la vittoria, ciascun partito aggiungerà al programma minimo di "G. e L." quello che crederà di dovere aggiunge– re secondo i propri ideali. Quel che importa è che nessuno pretenda di im– porre colla prepotenza le proprie idee alla maggioranza degli italiani. Po– co fa vi ho sentito cantare: bandiera rossa la trionferà; ma arrivati all'uL– timo verso, alcuni cantavano: "evviva il socialismo e la libertà," altri: "evviva la repubblica e la libertà"; altri: "evviva l'anarchia e la libertà"; cantate quello che volete; quel che importa è che il verso finisca sempre con la libertà. (risa ed applausi) Alcuni amici mi hanno domandato che cosa farò ora che Mussolini ha avuto compassione di me e mi ha dato nientemeno che l'amnistia. Uno di essi mi ha detto che ha scommesso con alcuni compagni di fabbrica che io non rientrerò in Italia. Io gli ho detto che domattina si faccia pagare subito la scommessa. (risa) L'amnistia è una burla. Anche quando dà un'amnistia Mussolini ha l'abitudine di mentire. L'amnistia è concessa per i soli reati che comportano una pena non superiore ai cinque anni. Io che da tre anni non faccio che dir male di Mussolini e del regime, credo di aver commesso tanti reati che non mi basterebbero nemmeno cinquanta volte cinque anni. A parte i rea– ti che ho realmente commessi, se tornassi in Italia, sarei processato anche per una infinità di reati che il Tribunale speciale troverebbe conveniente di attribuirmi. Con un tribunale di Camicie nere, con avvocati che non sono difensori degli accusati, ma i loro peggiori nemici, quando non sono addi– rittura delle spie, e con una stampa che falsifica sistematicamente i resocon– ti dei processi, io potrei essere accusato di qualunque delitto ed apparire confesso anche se mi difendessi accanitamente contro le accuse. Se mi accu– sassero di essere stato complice di Michele Schirru mi farebbero un onore. Ma mi accuserebbero di avere ucciso mia madre, di avere rubato il campa– nile di S. Marco, di avere diffuso il colera e la peste, e i giornali direbbero che io mi sono riconosciuto colpevole. Sarei condannato, se non a morte, a 30 anni di galera ma i 30 anni mi sarebbero ridotti a 25 per effetto della am– nistia concessami da Mussolini. Con questo non escludo che non venga il giorno in cui potrei rien– trare in Italia. Se dovesse venire il momento in cui mi sentissi incapace di lottare, ridotto all'inerzia dalla malattia o dalla vecchiaia, allora sf mi do– manderei se non farei bene a tornare in Italia per finire in galera gli ultimi anni della mia vita, perché cosf potrei ancora servire a qualche cosa, perché costringerei il regime fascista a coprirsi di un'altra vergogna incrudelendo contro di me. Ma finché la salute non mi vien meno, e finché posso essere di utilità alla causa, facendo conoscere di che lacrime e di che sangue gron- 488 BiblotecaGino Bianco

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