Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo I fascisti insegnano che siffatte dichiarazioni ufficiali non erano da pren– dere sul serio: "le affermazioni sopra riferite esprimono semplicemente le opinioni e le intenzioni di singoli uomini di governo e partiti in un mo– mento particolare, e non legano perciò i loro successori. 112 Essi obbediscono cosf alla parola d'ordine data da Mussolini, il quale nel discorso del 3 mar– zo 1928 dichiarò "non ritenersi minimamente impegnato da assicurazioni piu o meno vaghe e verbali di uomini rappresentanti sistemi e governi che la rivoluzione fascista aveva inesorabilmente superati." Uno di tali uomini inesorabilmente superati è Vittorio Emanuele III, tuttora felice– mente regnante nel 1932. Ma nel 1919, gli uomini di buona fede in Italia credettero che quelle dichiarazioni fossero da prendere sul serio. Anche Mussolini, 1'11 settembre 1919, impartiva agli italiani sul Popolo d'Italia la seguente lezione di buoni costumi: Noi non siamo tra coloro che temono l'irredentismo tedesco. Certo, non avrà forme violente, non sarà disintegratore e pericoloso, se l'Italia farà nei paesi dell'Alto Adige una politica sinceramente e lealmente democratica. Sin da questo momento bisogna, dai gior– nali e dal parlamento, dire ai tedeschi dell'Alto Adige, da oggi politicamente italiani, che l'Italia non ha intenzioni sopra.ffatrici o snazionalizzatrici; che rispetterà la lingua e i costumi, che accorderà le necessarie autonomie amministrative. Può essere che l'Italia non si faccia amare - finché dureranno i vecchi uomini e i decrepiti sistemi - a cagione di errori o di incomprensioni, ma non si farà mai odiare per violenze e repressioni. Non è nel nostro temperamento. Alle promesse corrisposero nell'insieme, nell'Alto Adige, gli atti delle autorità militari e civili, per due anni, 1919 e 1920, cioè fino a quando il movimento fascista non venne a capovolgere la situazione. Certo in quei due anni attriti e incidenti incresciosi non mancarono. Dato che i tedeschi dell'Alto Adige si trovavano associati politicamente con un paese che non amavano e dei cui affari non s'interessavano, era naturale che essi prendes– sero ogni occasione per manifestare il loro malcontento; ed era anche natu– rale che dinanzi a queste prove di avversione, i funzionari italiaqi non sempre conservassero la doverosa equanimità. Ma chi esamina spassionata– tamente le doglianze che i tedeschi fanno per quei primi due anni di regi– me italiano,3 deve riconoscere che i loro addebiti sono veramente pochi. Il piu grave è che i governanti di Roma non ebbero mai il coraggio di di– videre l'Alto Adige tedesco dal Trentino italiano, per farne una provin– cia autonoma: riconoscevano nelle conversazioni private la giustizia di que– sta domanda, promettevano di soddisfarla, ma non mantenevano mai la promessa per paura delle proteste che avrebbero sollevato i nazionalisti e i fascisti. ·· Nella Venezia Giulia, invece, i rapporti fra le autorità italiane e la popolazione slava furono da principio assai torbidi. La differenza si spie- 2 VILLARI, The expansion of Italy, p. 127. 3 REuT-NICOLUSSI, Tyrol under the Axe of Italian fascism, pp. 30-39. 478 Biblotecal:iinoBianco

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