Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

La riforma fondiaria I coltivatori, a cui sarebbe trasferita la proprietà delle terre - terre, ricordiamolo bene, quasi tutte appartenenti a famiglie cittadine, non col– tivatrici - si dividerebbero in due gruppi: quelli che pagherebbero la modesta indennità al governo, anziché ai responsabili del fascismo; e quelli che la pagherebbero alle famiglie di individui non responsabili. Sa– rebbe una violazione evidente al principio della espropriazione assoluta, uni– versale. Ma bisogna ricordare che in parecchi casi le grandi proprietà non appartengono a individui particolari: appartengono a istituti di beneficien– za, a comuni, ad altre opere di pubblica utilità. Uno dei grandi proprietari fondiari della Lombardia è l'Ospedale Maggiore di Milano. Quando si trat– ta di queste istituzioni, le loro proprietà non sono proprietà private, sono proprietà collettive; anzi nel caso delle istituzioni di beneficenza, sono pro– prietà collettive dei poveri. Se voi sopprimete a un tratto le entrate che quelle istituzioni ricavano dalle loro terre, voi permettete ai coltivatori di confiscare a proprio profitto una vera e propria ricchezza collettiva. Aggiungete che fra i cittadini proprietari di terre, non è raro il caso di medi e piccoli proprietari, che hanno certo il torto di vivere sulla ren– dita della terra, ma che per età, malattia, o altre incapacità non sono in grado di guadagnarsi altrimenti la vita. Se appartengono ai responsabili, ai complici, agli aguzzini della dittatura fascista, il sentimento di giustizia del nostro popolo troverà legittimo che paghino coi loro beni la pena delle loro colpe. Ma quando si tratterà di persone incolpevoli, quella modesta indennità, di cui parla il programma di "Giustizia e Libertà," distribuita in quote rateali per un certo numero di anni, permetterà a quei poveri diavo– li di non essere ridotti alla fame da un momento all'altro. Passata la crisi, e avvenuto l'assestamento del nuovo regime, bisognerebbe provvedere, per obbligo di umanità, a quelle classi di nuovi poveri. Io ho presente allo spirito un episodio, che avvenne al mio paese al tempo dell'occupazione delle terre, nel 1920. Un gruppo di senza terra ebbe la disgraziata idea di andare a occupare non le terre, che i vecchi proprieta– ri erano deliberati a difendere anche colle fucilate, ma un piccolo pezzo di terra di una vedova, che campava miseramente coi suoi figli sulla rendita di quella terra. Non l'avessero mai fatto! L'occupazione del "fondo della vedova" li rovinò moralmente nella opinione dei loro stessi compagni di fatica. E il "fondo della vedova" fa ancora le spese di tutti i discorsi fa– scisti. I comunisti possono ben deridere questi sentimentalismi! Ma il po– polo italiano è un popolo di sentimentali, e bisogna stare attenti a non ferire brutalmente i suoi sentimenti. Certi principi di umanità e di giustizia non si debbono disprezzare se una rivoluzione· deve essere un passo in avanti verso una umanità migliore, e non un ritorno allo stato selvaggio. 475 BiblotecaGino Bianco

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