Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

La riforma fondiaria di coltivatori, darebbe al nostro popolo rurale quella impressione profonda. Nello stesso tempo, i proprietari, che coltivano la terra col lavoro manuale proprio e con quello delle loro famiglie, avrebbero la prova immediata di non esser in alcun modo minacciati da una politica di espropriazione uni– versale: tutti i tentativi per mobilitarli contro il nuovo regime andrebbero a vuoto. Essa farebbe sentire a questa massa di coltivatori, non solamente che il nuovo regime avrebbe bisogno del loro appoggio per reggersi, ma che il loro stesso destino sarebbe indissolubilmente legato al consolidarsi della società emersa dalla rivoluzione. La libertà non sarebbe per essi una astra– zione: sarebbe la proprietà o la comproprietà della terra che essi bagnano col sudore della loro fronte. Nello stesso tempo, i proprietari che coltivano la terra col lavoro ma– nuale proprio e con quello delle loro famiglie, avrebbero la prova imme– diata di non essere in nessun modo minacciati da una politica di espropria– zione universale. Se una immediata diminuzione della pressione tributaria desse ai nuo– vi e ai vecchi proprietari coltivatori un sollievo tangibile da quello che è uno dei loro tormenti maggiori, questa democrazia rurale diventerebbe senz'altro l'appoggio piu solido del nuovo regime. Dei braccianti, una parte diventerebbero coltivatori indipendenti nelle terre di bonifica, o sarebbero assorbiti dalle cooperative agricole nelle azien– de indivisibili. Al resto bisognerebbe provvedere col carico della mano d'ope– ra, coi lavori pubblici, coll'aprire immediatamente le porte all'emigrazione, con lo sviluppo industriale. Questa non è certo per il problema del bracciantato, una soluzione né immediata né ideale. Ma, come mi pare di avere dimostrato, il problema non è suscettibile di soluzioni ideali in un paese povero e sovrapopolato. Se una soluzione migliore fosse offerta, nessuno certo la rifiuterebbe per ostilità preconcetta. Ma dev'essere una soluzione concreta e praticabile, e non una formula astratta ed equivoca escogitata per risparmiarsi la fatica di pensare. Un'ultima obiezione debbo esaminare prima di mettere fine a questa mia relazione. Il programma fondiario di "Giustizia e Libertà" riconosce la necessità di una "moderata indennità" a cui i coltivatori rimarrebbero obbligati verso i vecchi proprietari espropriati. Su quella "moderata indennità" si sono pre– cipitati comunisti e semi-comunisti come la miseria sul mondo, ed hanno accusato quel programma di voler garentire la rendita della terra ai grandi proprietari. La verità è che il programma parla di "moderata indennità," e non· di una indennità corrispondente alla rendita. A quanta parte della rendita am– monterebbe una indennità moderata sarebbe ridicolo determinare fino da 473 BiblotecaGino Bianco

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