Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo un semplice mutamento di sistemi, non potrebbe avvenire senza una certa crisi nella produzione. Di questa crisi, non bisogna spaventarsi. Bisogna sapere andarle incontro con chiara coscienza delle proprie responsabilità, e con la ferma volontà di superarla. Ma altra cosa è la pioggia, altra è il ciclone. E mentre sarebbe da vili arrestarci per la preoccupazione della piog– gia, sarebbe da pazzi buttarci avanti alla cieca provocando il ciclone. Il problema di evitare al popolo italiano, in caso di una rivoluzione, le sofferenze della fame, o almeno sofferenze intollerabili di cui egli possa dare la responsabilità al governo uscito dalla rivoluzione, è aggravato dalla speciale situazione, in cui si trova l'Italia per la insufficienza della sua produzione agricola e per la sua dipendenza dai mercati esteri. I comunisti e mezzo.-comunisti non se lo vogliono sentir dire. Ma noi lo dobbiamo ripetere perché è la verità. L'Italia, nonostante il lavoro aspro, eroico, delle sue popolazioni agricole, non produce tutti gli alimenti neces– sari alla popolazione. Gli agricoltori italiani si trovano in questo stato pa– radossale: che producono in sovrabbondanza, fino a potere esportare, der– rate non indispensabili alla vita, mentre il paese deve acquistare all'estero quel che è indispensabile a mangiare giorno per giorno. Noi esportiamo seta, e dobbiamo importare cotone; noi esportiamo vini, verdure e frutta preli– bate, fiori, e dobbiamo importare grano, granturco, carni vive e macellate. Anche l'industria italiana deve importare le materie prime: ferro, car. bone, petrolio, cotone ecc.; e non può pagare queste importazioni che con la esportazione di prodotti lavorati: tessuti, automobili, ecc. Noi non possia– mo fare a meno di comprare dagli altri il nostro nutrimento e le materie prime indispensabili alle nostre industrie. Gli altri, invece, possono astener– si dall'acquistare i nostri prodotti, perché questi non corrispondono a nes– sun bisogno elementare e irriducibile della vita. Questo vuol dire che l'Italia non ha nessuna indipendenza economica. Fra tutti i paesi del mondo, l'Italia è quello che meno può ripetere la famosa frase: "L'Italia farà da sé." L'Italia poteva fare da sé novant'anni or sono, quando non aveva che 20 milioni di abitanti. Non può fare da sé oggi, con una popolazione raddoppiata. Le conseguenze politiche di questa situazione economica sono evidenti. Concludendo, a me sembra che la politica fondiaria di "Giustizia e Libertà" risponda a quelli che debbono essere oggi per l'Italia i due re– quisiti essenziali di un programma nello stesso tempo pratico e rivolu- . . z10nano. Se una rivoluzione antifascista non dev'essere un semplice cambiamen– to di stemmi, bisogna che il popolo italiano di fronte a quella rivoluzione abbia la sensazione immediata, direi fisica, che qualcosa di profondo si è cambiato nella vita rurale del paese e nei rapporti fra le diverse classi. La politica fondiaria di "Giustizia e Libertà," trasferendo immediata– mente la proprietà della terra da un milione di proprietari a circa due milioni BiblotecaGino Bianco

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