Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

La riforma fondiaria parte m1mma dell'Italia meridionale, che può essere irrigata con l'aiuto di bacini artificiali. Si parla anche di utilizzare le acque sotterranee. Ma non basta che que– sta utilizzazione sia tecnicamente possibile. Bisogna che sia economicamente conveniente. Si può risolvere tecnicamente anche il problema di fare matura– re dei limoni sulla cima del Monte Bianco. Ma quanti milioni verrebbe a costare ciascun limone? Per certi tecnici, che vivono di stipendi gover– nativi facendo conferenze sull'agricoltura, l'agricoltura è l'arte di coltivare i limoni sulla cima del Monte Bianco senza badare alla spesa. Per gli agri– coltori sul serio, l'agricoltura è l'arte di guadagnarsi la vita coltivando la terra. Per gli agricoltori sul serio la spesa per la ricerca, l'elevamento e la distribuzione delle acque sotterranee non è compensata da un corrisponden– te aumento di reddito. Essi non sanno che farsene di acque che costerebbero troppo care. Se ne infischiano del problema tecnico, e badano solo al pro– blema economico. La conseguenza di questa condizione di cose è che in Italia la popola;– zione agricola è troppo densa per potere vivere agiatamente su una terra cosf scarsamente produttiva. La piu profonda delle rivoluzioni sociali non potrebbe risolvere il pro– blema, che nasce in Italia dalla sproporzione fra la popolazione e la terra. Il giorno in cui si scoprirà il modo di trasformare le pietre delle mon– tagne in pane, in carbone e in ferro, e l'acqua del mare in benzina, in quel giorno l'Italia diventerà un paese ricchissimo; e chi in quel giorno si tro– verà al governo, potrà attribuire a sé il merito della ricchezza che pioverà dal cielo sul popolo italiano. Ma finché la tecnica agricola sarà quella che è oggi, cioè finché la ca– pacità di produzione della terra italiana è quella che è, la vita degli agri– coltori italiani non potrà essere che assai stentata, qualunque sia il regime politico e sociale dell'Italia. Per procurarsi una vita piu umana, le popolazioni rurali italiane se– guirono, fino a pochi anni or sono, le vie dell'immigrazione nelle città, dov'erano assorbite dall'industrie, e sopratutto della emigrazione all'estero. Il benessere relativo, di cui esse godettero nei quindici anni che precedet– tero la guerra e negli anni del dopoguerra immediato, fu dovuto in massi– ma parte all'emigrazione verso paesi esteri. La dittatura fascista limita oggi o addirittura cerca di impedire l'emi– grazione, perché mira ad aumentare in Italia la offerta di lavoro e cosf de– primere i salari, e perché vuole tenersi sotto mano la massima quantità possibile di carne da cannone per la eventualità di una guerra. L'Italia di domani - quale che sia il suo regime politico e sociale - dovrà riaprire immediatamente le porte all'emigrazione. _ Ma l'emigrazione non dipende solamente da noi, dipende anche dalla volontà che hanno gli altri di accogliere i nostri emigranti. E questa volon– tà è mutevole e non tiene nessun conto delle nostre necessità. 463 BiblotecaGino Bianco

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