Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo pido. Un altro esercito di mercenari, formato anch'esso da elementi forse non migliori degli attuali, ci opprimerebbe domani nell'interesse di una burocrazia irresponsabile che non sarebbe certo meno esosa né meno stu– pida né meno parassitaria dei capitalisti odierni. Noi non lavoriamo per sostituire al dominio di una oligarchia capitalistica il dominio di una oli– garchia burocratica: noi lottiamo per mettere le classi lavoratrici italiane in grado di costruire liberamente, da sé, il proprio destino. Non invidiamo ai comunisti una dottrina in forza della quale essi trattano gli altri esseri umani come le Società protettrici degli animali trattano i cavalli e i cani. Noi chiamiamo gli uomini ad essere uomini. Non ci attribuiamo il diritto di misurar loro, nella nostra insindacabile saggezza, la loro razione di pane promettendo loro di renderla piu abbondante. Diciamo loro che la loro razione di pane debbono conquistarsela da sé, giorno per giorno, e che tanta ne conquisteranno quanta saranno capaci di conquistarne. Del resto, una dittatura comunista, anche ammesso che potesse uscire fuori delle mura di poche grandi città industriali del Nord per estendersi a tutta l'Italia, non si reggerebbe, in un paese come l'Italia, neanche una set– timana. L'Italia non può vivere senza importare giorno per giorno dall'este– ro grano, carni, carbone, ferro, petrolio, cotone, ecc. Una Italia comunista perderebbe immediatamente ogni credito sui mercati dei paesi ad economia capitalistica. Le sue importazioni si arresterebbero a un tratto. Esaurite in breve tutte le scorte disponibili, la dittatura sarebbe abbattuta in una ge– nerale rivolta della popolazione inferocita dalla fame. La posizione geogra– fica e la conformazione delle coste, poi, dell'Italia renderebbero assai piu agevole che non sia stato in Russia un intervento militare estero. E i pre– testi di intervento non mancherebbero a nessun governo di buona volontà. I fascisti italiani e i filofascisti esteri hanno interesse a far credere che l'Italia non ha davanti a sé che questo bivio: "o fascismo o comunismo." Prima che "Giustizia e Libertà" iniziasse in Italia il suo apostolato, troppi antifascisti se ne rimanevano inerti, aspettando la salvezza dal re, dal principe ereditario, da Badoglio, dal papa, dallo scontento degli indu– striali, dalle risse interne dei nerocamiciati, da tutti meno che dalla propria volontà. Era perciò naturale che molti uomini di carattere risoluto si la– sciassero attirare dai comunisti, che soli dimostravano volontà, attività, co– raggio personale e spirito di sacrificio. Azione antifascista poté sembrare sinonimo di azione comunista. E la gente che respingeva falce e martello cercava rifugio all'ombra del fascio. "Giustizia e Libertà" ha rotto questo pregiudizio. Essa accetta e pre– dica la lotta a fondo contro le Camicie nere, ma non adotta la dittatura comunista come obbiettivo della lotta antifascista. Questo punto è essen– ziale al pensiero di "Giustizia e Libertà." Noi pensiamo che si debba sem– pre insistere su di esso con chiarezza, con intelligenza. Gli uomini dalle idee confuse o dal carattere obliquo, che rifiutano ogni 458 BiblotecaGino Bianco

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