Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Lauro De Bosis il possibile per salvarli. La sua anima apparteneva a lei, e non le importava quel che la gente avrebbe detto di lei, dato che la gente volesse interessarsi proprio di lei. In questi pensieri era confortata dai suggerimenti dell'avvocato sceltole dai familiari. Alla fine fra costoro, l'avvocato e la prigioniera, si giunse d'accordo alla decisione di piegarsi alla dura condizione, offerta con modi insinuanti dal governo, che la signora scrivesse una lettera di sottomissione personale a Mussolini. Questa era prospettata dagli organi governativi come una soluzione bonaria, confidenziale di una vertenza incresciosa per entram– be le parti. Purtroppo si dié fede a quelle lusinghe. La signora De Bosis non pensò mai che una lettera scritta da lei potesse essere usata contro il figlio assente. La lettera sarebbe rimasta un segreto fra il duce generoso e lei. Perché rifiutarsi a un passo cosf necessario alla intera famiglia, innocuo per tutti, naturale per una madre? La donna infelice scrisse la lettera. (Questa non evitò che da allora in poi i suoi figli in Italia fossero sempre tenuti d 1 oc– chio e spesso disturbati.) Il 22 dicembre ebbe luogo il processo innanzi al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Vinciguerra e Rendi tennero un contegno dignitoso. Ac– cettarono la propria responsabilità, ma protestarono di non aver mai esortato alla violenza. Questa era la pura verità. La signora De Bosis ammise di avere ciclostilato un foglio dell"' Alleanza nazionale.,, Con sua grande sorpresa e costernazione a questo punto fu letta la sua lettera a Mussolini. Ogni via di scampo le era intercettata. Alla fine venne il colpo di scena piu clamoroso. Fu letta solennemente la lettera di Lauro nell'ottobre all'ambasciatore fascista a Washington. Ottenuto lo scopo di demolire moralmente l'assente, il Tribunale as– solvette la signora De Bosis, che come cittadina americana era protetta dal– la opinione pubblica del suo paese, e una condanna avrebbe fatto scandalo. Quanto a Vinci guerra e Rendi, la stessa legge fascista non condannava "la propaganda delle dottrine, programmi e metodi tradizionalmente riguar– dati come compatibili con la costituzione politica ed economica dello Sta- ,, ·1 d 11"' All . I " T ' 1 . ' . d to, e questo era 1 caso e eanza naz1ona e. utt a pm 1 ue accu- sati avrebbero dovuto essere condannati per avere violato la legge che vie– tava le pubblicazioni clandestine e quella che proteggeva dalle critiche la persona di Mussolini. I giudici, invece, li condannarono a quindici anni di reclusione. Una persona accusata di aver ciclostilato le circolari fu condan– nata a tre anni. Altri tre accusati che avevano fatto lo stesso, ma espressero la loro ammirazione per il duce, furono assolti. Insomma i giudici distri– buirono a capriccio condanne e assoluzioni. Condannarono a pene feroci quegli accusati che non fecero atto di contrizione, e assolvettero quelli che avevano fatto pace col regime. Non fu osservata né la lettera né lo spi– rito di nessuna legge. Il fascismo era fatto cos-L I pennivendoli italiani e non italiani fecero il resto gareggiando a get– tare il ridicolo sui condannati e il fango sull'assente. Chi piu si segnalò 445 BiblotecaGino Bianco

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