Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Lauro De Bosis smo sul serio). Ma nell'ottobre gli fu necessario ritornare negli Stati Uniti per alcune settimane. Intendeva dimettersi da segretario della società "Itar– lia-America" e poi ritornare a rimanere in Italia. Doveva fare le conse– gne dell'ufficio al suo successore. Sperava anche di ottenere dalla "Lega per l'educazione internazionale" l'ufficio di rappresentarla in Italia. Con un in– carico di quel genere avrebbe potuto viaggiare spesso, mettersi a contatto con molte persone colte nelle diverse parti d'Italia, estendere la propria influenza e attività. Egli, che era leale e candido come un fanciullo, doveva dissimulare se voleva operare. Chi vive in un paese libero trova difficile comprendere e ap– provare siffatti sotterfugi. Questo è il delitto piu orribile dei regimi dispo– titi: costringono quanti vogliono rivendicare per il proprio popolo i diritti di libertà a mascherare opinioni e attività, a servirsi della stampa clandesti– na, a vivere due vite contradittorie, una vita pubblica e una vita segreta, sa– crificando i doveri della verità al diritto della resistenza politica. Perfino i caratteri piu onesti ed aperti sono trascinati a servirsi di metodi, che in regime di libertà sarebbero essi i primi a condannare. Messosi su questa strada pericolosa, Lauro commise un errore di cui doveva ben presto su– bire le conseguenze amare. Per ottenere l'incarico della "Lega per l'educa– zione internazionale" scrisse all'ambasciatore italiano a Washington una let– tera in cui protestava fedeltà al regime. Sperava cosf di lavorare in Italia con maggiore sicurezza per sé e per le sue idee. Prima della partenza De Bosis, Di Cesarò, Vinciguerra, Ferlosio, Za– notti Bianco si misero d'accordo sul modo di continuare l'impresa durante la breve assenza dell'amico e promotore. La compilazione dei foglietti sa– rebbe avvenuta su per giu come era proceduta fino allora, cioè mediante un'amichevole collaborazione in massima parte tra Lauro, Vinciguerra e Ferlosia (per la parte finanziaria). Lauro, a questo scopo, lasciava una buo– na messe di appunti e prometteva di far pervenire in modo sicuro dall'este– ro altro materiale. Si trattava di superare le altre maggiori difficoltà riguar– danti il lavoro al ciclostile e la diffusione. Su quest'ultimo punto Di Cesarò e Zartotti Bianco offrirono la loro opera, e infatti si prodigarono; per l'altro De Bosis e Vinciguerra pensarono di avvalersi di un giovane pubblicista laborioso e serio, Renzo Rendi, che sul finire di settembre s'era accostato ad essi con sincero desiderio di collaborare, e della signorina Maria Cardoni, nella quale giustamente il Ferlosio riponeva ogni fiducia. Lauro parti dagli Stati Uniti per Roma alla fine di novembre. Quando il piroscafo era prossimo all'Inghilterra, ricevette da un amico attraverso il telegrafo senza fili la notizia che sua madre, tre altre persone della famiglia e i suoi due amici Vinciguerra e Rendi erano stati arrestati. Il suo primo impulso fu di continuare nel viaggio, andare a Roma,- e farsi arrestare. Mentre a Londra si dibatteva in angosciose incertezze fu chiamato d'urgenza a Berna dall'amico Ferlosio, il quale, disponendo del passaporto ed essendo insospettato, in seguito a preghiera della famiglia De 443 BiblotecaGino Bianco

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