Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

La.uro De Bosis E se si frangon l'ale? - Quando si corre a un buon cimento, sfuma ogni labile aspetto de la vita e piu non v'è che un demone e una meta. Minosse scopre che Dedalo e Icaro pensano di fuggire volando; fa mettere nei ferri Dedalo, e ordina che Icaro sia gettato nell'antro dei leoni. Fedra, figlia di Minosse, impetra ed ottiene la grazia per Dedalo e per Ica– ro, che essa ama riamata. Ma Icaro non accetta il dono, se pnma non proverà la scoperta paterna. Giovine, sai tu il rischio che corri? - Tutto il fascino è in questo. - E se cadrai? Tu non temi la morte? - Non mi tocca. Finché c'è vita si combatte; e poi ... pace! Il mio fato, quale sia lo voglio! Dedalo nel momento in cui il figlio s1 accinge all'impresa s1 sente preso dall'angoscia: figlio valente ed animoso, quanto avrei con te dividere voluto il rischio I Insieme non sarebbe stato nulla. Ma ora da tuo padre forse avrai avuto insieme con l'immensa gloria la morte. E sarò stato io... Figlio, - De la gloria e del rischio parimente grazie ti rendo, poi che l'una, padre, nulla sarebbe senza l'altro. Bella anche di piu la gloria se fiorisca su la morte. In una lettera dell'inverno 1931, Lauro accennò all'origine del suo poema: Ella mi domanda perché ho scritto Icaro. Chi lo sa? Fu in un momento piuttosto eccezionale. La mamma mi sugged l'idea di prendere come soggetto lcarus. Questa le era venuta mentre leggeva un sonetto francese su Icaro del secolo decimosesto ... Poi c'era stato proprio allora il volo di Lindbergh. E c'era la memoria di mio fratello che mori a ventitré anni cadendo nel mare come Icaro. Le parole di Erigone nel quinto atto sono veramente quelle della mamma allora. Per diverso tempo avevo desiderato scrivere una tragedia lirica per glorificare il progresso, l'élan vita!, nella sua forma individuale ed eroica. Il mito di Icaro è quello che incorpora, piu di qualunque altro, lo spirito d'oggi. Eppure non era mai stato messo in una tragedia. Lo scrissi in diciotto sere. Gli ultimi trecento versi furono scritti tutti d'un fiato, dopo il tè, senza fermarmi un istante. Ecco il sonetto di Philippe Desportes: ICARE est cheut icy le jeune audacieux, Qui pour voler au ciel eut assez de courage; E 16 ' eca Gino Bianco 439

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