Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo Si sappia che il vero fascista, specialmente il Milite, non deve credere nella pace perpetua. Federzoni, mm1stro delle Colonie del governo Mussolini, ha scritto m Rassegna ·ùaliana del dicembre 1925: Vorremmo essere amati, ma preferiamo essere invidiati e temuti. Lo stesso Mussolini insegna: "Guerra ~ rivoluzione sono due termini che vanno quasi sempre accoppiati: o è la guerra che determina la rivoluzione o è la rivoluzione che sbocca in una guerra." (Discorso del 22 giugno 1925.) E ricordiamoci che il fascismo è una rivoluzione, anzi la piu grande rivoluzione della storia. Egli lo dichiarò alla Camera 1'11 dicembre 1925: "Io considero la Nazione italiana in stato permanente di guerra. Già dissi e ripeto che i prossimi cinque o dieci anni sono decisivi per il destino della nostra gente. Sono decisivi perché la lotta internazionale si è scatenata e si scatenerà sempre di piu e non è permesso a noi che siamo venuti un poco in ritardo sulla scena del mondo di di- d 1 . " sper ere e nostre energie. Quando i diplomatici e i finanzieri stranieri si turbano di fronte a queste manifestazioni bellicistiche, vengono calmati dall'assicurazione che esse sono fatte esclusivamente ad uso casalingo e, per l'occasione, viene lo– ro offerto un discorso pacifista che, si dice, interpreta le vere intenzioni del duce. Inoltre, gli agenti della propaganda fascista li esortano a non pre– stare attenzione alle parole, ma di dar retta ai fatti. "Quali sono i fatti? L'Italia non è ancora in guerra con nessuno." Indubbiamente vi è un po' di verità in queste parole. Mussolini ripete quotidianamente che i 41.000.000 di italiani che vivono in Italia sono sempre pronti ad un suo cenno, a marciare come un sol uomo contro il nemico. E fuori d'Italia vi è gente che crede o fa finta di credere in lui. Eppure nessuno desidera affatto che Mus– solini passi dalle minacce ai fatti. Qualsiasi tentativo di armare le masse italiane per una guerra esterna, porterebbe il paese alla guerra civile. Il primo giorno di guerra sarebbe l'ultimo giorno del fascismo. Questo è il motivo per cui è probabilissimo che il discorso da man– giatore di fuoco, pronunciato da Musso]ini, non si basi su piani di guerra concreti. Esso mira a mantenere l'entusiasmo dei suoi seguaci al necessario diapason. Il pericolo è che questi sfuggano, un giorno o l'altro, al control– lo di chi sfrutta il loro fanatismo, e chiedano fatti e non parole. In politica, e specialmente in politica estera, "le parole sono i fatti." Non è il primo sparo che dà inizio alla guerra. È la prima parola provocatoria di quella bellicistica mentalità da cui un giorno partirà il primo sparo. 424 BiblotecaGino Bianco

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