Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Il primo dovere: conquistare la Nuova Libertà gime si organizzerebbe senza di esse e contro di esse. Gli inerti non ser– vono a niente. Le sole classi che si farebbero avanti a ricevere l'eredità della dittatura fascista sarebbero l'alta burocrazia, che è già organizzata nei mi– nisteri, e i capitalisti che hanno la forza del denaro, e con questo possono improvvisare tutte le organizzazioni che vogliono. Il resto della popola– zione sarebbe volgo disperso e senza diritti. A questi signori, noi, credenti nella nuova libertà, diciamo chiaro e tondo che la nuova libertà deve essere la libertà di tutte le classi del popolo italiano e non il privilegio di una nuova oligarchia. È per impedire il co– stituirsi di questa nuova oligarchia ,:he intendiamo convogliare nella rivo– luzione antifascista il maggior numero possibile di individui appartenenti alla piccola borghesia, all'artigianato, al proletariato industriale, alle classi rurali. I soli diritti di cui un popolo è degno e che esso è capace di difen– dere, sono quelli che esso ha saputo prendersi con le sue mani, non quelli che gli sono stati largiti da mano altrui. Le libertà di cui godeva il po– polo italiano erano state conquistate ottant'anni or sono da una piccola oligarchia di proprietari, uomini di affari, intellettuali, in assenza delle clas– si popolari. Quelle libertà erano state estese al resto della popolazione, piu per effetto di manovre parlamentari, che per vere e proprie conquiste atti– ve delle classi interessate. Lo stesso suffragio universale fu regalato nel 1912 da Giolitti ai socialisti, che per conto loro ne avrebbero fatto anche a meno. Libertà cosI malamente regalate e cosI facilmente conquistate, non poterono che essere malamente difese e facilmente perdute. La nuova li– bertà d'Italia deve essere faticosamente conquistata e fieramente difesa. Dal re non solamente non aspettiamo nuUa. Ma non vogliamo aspetta– re nulla. Ci sono in Italia molti uomini che pur volendo, come noi, riconquistare la libertà per tutte le classi del popolo italiano, e non per una nuova oligar– chia, esitano a dichiararsi repubblicani. Specialmente fra gli ufficiali del– l'esercito ci sono parecchi uomini di onore che odiano la dittatura, condan– nano severamente la viltà e la slealtà del re, ma si sentono legati dal giura– mento di fedeltà che essi hanno prestato. A questi uomini noi facciamo osservare che essi [Jrestaronogiuramento di fedeltà non solamente al re ma anche allo statuto che garantiva le liber– tà della nazione; che i plebisciti fondarono in Italia una monarchia costi– tuzionale aperta a tutti i partiti, non una dittatura monopolio di un solo partito; che il loro giuramento non è piu valido dopo che il contenuto di esso è stato distrutto da quello stesso re che avrebbe dovuto essere il primo guardiano del loro giuramento. Nell'esercito italiano molti capi hanno legato il loro destino a quello della dittatura fascista. Uomini come il duca d'Aosta, come De Bono e gli altri generali che parteciparono alla "marcia su Roma" violando il loro giuramento di fedeltà alla costituzione, debbono pagare severamente il fio del loro spergiuro. Ma tutti quegli ufficiali che sono rimasti fedeli all'ob- 411 BiblotecaGino Bianco

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