Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo ste. Era indignata dell'assassinio Matteotti. Sentiva la vergogna di essere governata e rappresentata all'estero da un primo ministro, la cui complicità nel delitto era dimostrata da un numero crescente di indizi. Ma molti si domandavano: "E poi? Ritorneremo ad avere uno sciopero tranviario ogni settimana, uno sciopero ferroviario ogni mese, uno sciopero di por.– talettere ogni due mesi? Tranvieri, ferrovieri, portalettere sono uomini co– me noi, debbono essere rispettati nei loro diritti come noi: ma ritorneran– no a fare i prepotenti contro di noi? Che abbiano tutte le necessarie garanzie contro l'arbitrio delle loro amministrazioni è giusto: ma rinunzie– ranno in Italia alla pretesa di scioperare? Ritorneremo ad essere seccati con una rivoluzione che non arriva mai, come fummo seccati nel 1919 e nel 1920? Oppure una rivoluzione comunista arriverà finalmente a seccarci an– che peggio della rivoluzione che non arriva mai?" Nella seconda metà del 1924 se fosse caduto il fascismo nessun go– verno avrebbe potuto nascere senza l'appoggio dei socialisti. Che cosa avrebbero fatto i socialisti? Avrebbero ripreso la tattica del 1919-1922, cioè quella di sabotare ogni governo per la paura di essere accusati dai comuni– sti come "traditori del proletariato 11 ? Oppure avrebbero final~ente tro– vato il coraggio di dare risolutamente il loro appoggio al nuovo governo in tutti quei provvedimenti che sarebbero stati necessari per mantenere l'or– dine non solo contro le rivolte dei fascisti ma anche contro i comunisti? A queste domande i socialisti non davano mai una risposta chiara. E queste domande si imponevano di fronte ad una coalizione parlamentare che andava dal generale Bencivenga a Costantino Lazzari. Per spiegare la condizione a cui· siamo ridotti, non basta dire che i fa– scisti ci hanno tolto con la forza la nostra libertà. Questa è una parte della verità. Le altre parti sono che noi avevamo fatto malo uso della nostra li– bertà e che noi malamente difendemmo la nostra libertà. Queste verità dobbiamo riconoscerle, non per recriminare sul passato, ma per preparare l'avvenire. Fino a quando conserveremo intatta quella mentalità da cui rampollarono tutti i nostri errori e tutte le nostre sven– ture, la nostra lotta contro la dittatura fascista non diventerà mai la riven– dicazione di un principio superiore - il principio della libertà - contro un principio inferiore - il principio della tirannia -: essa non sarà che un contrasto selvaggio di due opposte violenze, di due opposte tirannie. Fino a quando tutti i gruppi di opposizione non avranno trovato un terreno comune, su cui formare blocco nella resistenza e nell'attacco, e su cui rimanere uniti dopo la vittoria, fino a quando i risultati della vittoria non siano assicurati, nessuno sforzo efficace contro il fascismo sarà possibile. E il terreno comune non può essere che la conquista della libertà per tutti e la certezza che dopo la vittoria la libertà sarà garantita a tutti. Fino a quando continueremo a proclamarci immuni da ogni errore e da ogni responsabilità, fino a quando faremo cos1 prevedere che alla prima occasione ritorneremo a commettere gli stessi errori del passato, con la 398 BiblotecaGino Bianco

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