Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Il primo dovere: conquistare la Nuova Libertà avrebbero le autorità militari trovato le bande armate? Sarebbe stata possi– bile in Bologna la reazione fascista, se la dittatura di certi comunisti non avesse irritato e stancato tanta parte della popolazione con le sue prepo– tenze cretine? I due anarchici, che misero le bombe al Teatro Diana, non ebbero proprio nessuna responsabilità nel favorire la reazione fascista? Quei carabinieri e quelle guardie regie, che aiutarono i fascisti invece di mante– nere l'ordine, erano stati esasperati nei due anni precedenti dagli insulti, dal– le minacce, dalle violenze di coloro che cominciarono a invocare l'ordine solamente quando non furono piu in grado di fare il disordine. Che cosa era per molti la libertà nel 1919 e nel 1920? Era la possibilità di vociare nei comizi "viva la rivoluzione sociale," cioè di minacciare l'uso della violenza contro chi non accettava le loro idee sul migliore ordinamento da dare alla società; era la possibilità di prendere a sassate i carabinieri, le guardie regie e gli ufficiali; era la possibilità di fare scioperi a diritto e a rovescio, non solo per difendere i loro interessi economici, ma per mostrare il loro "spirito rivoluzionario," ovverossia per rompere le scatole al prossi– mo che non era rivoluzionario come loro; era la possibilità di eleggere a deputati alcune decine di scimmie urlatrici buone solamente a sbraitare nei comizi e nella Camera che l'ora si avvicinava in cui il proletariato avrebbe isti– tuito il terrore alla russa sulla borghesia. Prendiamo l'esempio dei ferrovieri. Nel gennaio 1920 essi fecero uno sciopero. Questo sciopero era economicamente giustificato, perché da un anno il valore della lira scendeva, il carovita cresceva, e il governo studiava il problema dei salari dei ferrovieri senza decidersi ad aumentarli. Ma nelle trattative col governo, i ferrovieri (capeggiati da quel Ciardi che oggi è deputato fascista) non ebbero che una sola idea: strappare tutto quello che potevano strappare senza avere il minimo riguardo per i diritti della comu– nità. Essi pur sapevano di essere sovrabbondanti al bisogno: non fecero nul– la per facilitare il licenziamento del personale inutile, e si opposero ai licenziamenti piu evidentemente giustificati. Cos1 il bilancio delle ferrovie fu aggravato da una spesa assolutamente ingiustificata, a cui era necessario far fronte con aumentare le tasse, e queste erano pagate da quegli altri lavoratori, che non potevano minacciare efficacemente il governo come po– tevano i ferrovieri. Come se questo non fosse bastato, l'esperienza di quel primo sciopero vittorioso, dette la stura ad una interminabile epidemia di scioperi ferroviari, molti dei quali avevano lo scopo di "fare della ginna– stica rivoluzionaria," e non avevano che l'effetto di esasperare i viaggiatori, i commercianti, tutto il mondo. Era libertà, questa? No! Il ferroviere che a suo arbitrio ferma il treno e mi lascia in asso in aperta campagna, è altrettanto prepotente quanto il fascista che mi rompe la testa se non grido "viva il Duce." La storia dei ferrovieri è la storia di troppi italiani nel 1919 e 1920. Quella non era libertà. Era l'abuso di un diritto, di cui molti non misura– vano i limiti. Ognuno rivendicava la libertà propria senza riguardo alla 395 BiblotecaGino Bianco

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