Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo a resistere sul terreno della forza e non su quello degli "immortali pnn- . /\ ,, c1p1. Contro questo regime di tirannia noi rivendichiamo la nostra libertà. Senza libertà, la patria non è patria, è galera. Una nazione privata della libertà non è una nazione di uomini, ma una accozzaglia di bruti: bruti prepotenti che hanno tutte le libertà, e bruti addomesticati che non hanno nessuna libertà. Per rivendicare la nostra libertà, noi non abbiamo nessun mezzo le– gale. Siamo dunque obbligati ad usare i mezzi rivoluzionari. Una rivolu– zione non è mai un bene. Essa lascia sempre dietro a sé attivo quello spirito di violenza da cui è nata e senza cui non poteva trionfare. Chi predica a cuor leggero la rivoluzione per la rivoluzione, è altret– tanto colpevole quanto chi predica a cuor leggero la guerra per la guerra. Ma si affronta anche la guerra, se non c'è altra via per salvarsi da un male magg10re. Oggi in Italia noi non abbiamo libertà di scelta. Da un lato c'è il peg– gior male; la nostra nazione è moralmente degradata da un mostruoso re– gime di arbitrio, i nostri bambini e i nostri giovani sono educati alla esal– tazione sadica della guerra esterna e della guerra civile, l'Italia sta nel mondo come un cane arrabbiato, minacciando tutti, leticando con tutti, esempio ed incitamento a tutti i popoli di malvagità nella politica interna e nella politica estera. Dall'altro lato c'è il male, gravissimo, ma minore, di adoperare la forza per abbattere questo regime di brigantesca perversità. Fra il male della dittatura fascista e il male di una rivoluzione antifascista, siamo costretti a scegliere questo secondo male ché è il minore. La respon– sabilità della violenza, a cui dobbiamo ricorrere per rivendicare la nostra dignità di uomini, le nostre libertà di cittadini, il nostro posto di gente rispettabile nel consesso dei popoli civili, spetta non a noi, ma a chi ci ha tolto ogni mezzo legale per l'esercizio dei diritti nostri. In regime di dit– tatura quel che è immorale è la dittatura; quel che è immorale è sotto– mettersi alla dittatura. Abbattere la dittatura è la prima moralità e il pri– mo dovere. Il. Perché abbiamo perduto la libertà I fascisti hanno potuto schiacciarci, dice molta gente, perché furono ar– mati dalle autorità militari, protetti dalla polizia, favoreggiati dalla magi– stratura e sussidiati dai capitalisti. I fascisti poterono fare la "marcia su Roma" perché il re rifiutò di firmare il decreto di stato d'assedio: chi do– veva mantener l'ordine fu il primo complice del disordine. Questo è vero, ma non è l'intera verità. Se molti reduci dalla guerra non fossero stati trattati come nemici del proletariato, dove avrebbero i capitalisti trovato le bande da assoldare, dove 394 BiblotecaGino Bianco

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