Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo posso dartela, se ci tieni tanto, vai a prenderla da te." Scrivendo questi articoli, io so di mettermi francamente contro coloro i quali vogliono ave– re subito, su un piatto, la testa di Mussolini, ma vogliono che il servizio sia fatto da altri. Costoro troveranno ridicolo che io dica "discutiamo" mentre essi urlanno "marciamo"... Ma può essere che io abbia torto a non volere marciare. Può essere che si possa in questo momento provocare in Italia una rivoluzione e che io non veda questa possibilità per debolezza di pensiero o per pochezza di animo. Ma chi è convinto che in questo mo-· mento si può provocare una rivoluzione in Italia, non deve stare a Pa– rigi. Deve prendere il treno, andare difilato in Italia e fare la rivoluzione. Se la rivoluzione non scoppia neanche dopo che egli si è sacrificato cos1, non dica che gli italiani sono vili: si domandi se per caso egli non aveva sbagliato l'ora. Solamente se il colpo gli riescisse egli potrà accusare quel– li che non vollero saperne di essere buoni a nulla e chiamarli vili, magari traditori. In entrambi i casi - riesca o non riesca - egli avrà diritto al nostro rispetto. Ma finché si limita ad invocare che la rivoluzione immedia– ta la facciano gli altri mentre lui se ne rimane al sicuro a Parigi, aspettan– do di avere su di un piatto la testa di Mussolini, l'antifascista dal fiero aspetto deve adattarsi a non essere preso sul serio. Una lettera di Salvemini1 Cari amici di Libertà, verso la fine del 1926 - prendete nota di questo dato cronologico, che è offerto dal Corriere della Sera, 29 luglio 1927 - il ventenne Manlio Chiassone fu arrestato a New York dalla polizia americana, perché sprov– visto di passaporto ed entrato abusivamente negli Stati Uniti. Sperando di evitare il rimpatrio, dichiarò che, giunto in Italia, avrebbe potuto essere as– sassinato perché antifascista. Disse la verità, povero diavolo. Ma le autori– tà non intesero ragione. Lo rimpatriarono. Il Chiassone non è stato assas– sinato, ma è stato condannato a 12 anni di reclusione per avere commes– so il delitto di dire che essendo antifascista avrebbe potuto essere assassina– to al suo rimpatrio. Nel processo innanzi al Tribunale Speciale, il Chiassone ha cercato di intenerire i giudici. Ha raccontato che arrivò a New York fascista; a New 1 Da "La libertà," Parigi, 14 agosto 1927. [N.d.C.] 302 BiblotecaGino Bianco

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