Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo del giovedi 12 giugno alle ore 12 del sabato 14 giugno, è ridicolo. Chi rimprovera i condottieri per la inerzia di quei giorni, che cosa fece lui stesso in quei giorni? Perché non prese un revolver, un coltello, un bastone, una pietra, uno stuzzicadenti e non dette lui l'esempio di ammazzare il primo fascista che gli si parava davanti? Perché lui stesso era nello stato d'animo legalitario. Lui stesso non sapeva quel che dovesse fare. Aspet– tava che altri si assumesse la responsabilità di fare qualcosa. Oggi noi ci troviamo nella stessa situazione. Tutti aspettano qualcosa. Ma che cosa è questo qualcosa? Nessuno in Italia può cercare la risposta a questa domanda. La risposta dovete cercarla voi che vi– vete liberi all'estero e che discutendo fra voi potete trovarla. Se voi non date una ri– sposta a questa angosciosa domanda, un bel giorno ci ritroveremo di nuovo in un mo– mento analogo a quello che si ebbe dopo la morte di Matteotti ed anche quel momento passerà. Come soddisfare a questa esigenza che ct viene presentata dagli anti– fascisti d'Italia? Discutere, discutere, dùcutere Secondo me, non c'è che una soluzione del problema: discutere, di– scutere, discutere. Le nuove idee non possono essere che il frutto di una elaborazione collettiva ... Questa elaborazione collettiva è la discussione al– l'aria aperta. Discutiamo col desiderio di raggiungere l'accordo: discutia– mo rendendoci conto di compiere un grande dovere e una grande opera. Noi possiamo essere l'Italia che pensa e che prepara le idee per l'Italia che deve agire. Tutti possiamo e dobbiamo contribuire a questa elaborazione del nuovo pensiero collettivo antifascista. Tutti abbiamo esperienze per– sonali da contribuire alla esperienza comune. Non illudiamoci però che questa elaborazione possa essere rapida. Vedo che si domanda qua e là un Congresso della Concentrazione antifascista. Adagio ai mali passi! Un Con– gresso accerta la esistenza di idee comuni, quando le idee comuni già esi– stono. Se esse non esistono ancora, il Congresso diventa una battaglia con– fusa tra uomini discordi, i quali spesso non riescono neanche a vedere in che cosa sono discordi. Abbiamo noi già, antifascisti di tutti i vecchi par– titi e senza partito, un patrimonio di idee comuni? A me non pare. Il n1e– no peggio che un Congresso possa fare oggi sarebbe di ridursi a una scuo– la cavaiola, con grande soddisfazione dei fascisti e con poca edificazione degli stranieri. Peggio ancora, un Congresso minaccerebbe di essere un campo di manovra per tutte quelle brave persone che si immaginano di avere ipotecato l'avvenire, quando hanno fatto votare un ordine del gior– no da una maggioranza purchessia di un Congresso: si pagano le spese di viaggio a un paio di dozzine di persone, si cucina una maggioranza di ventura e si proclama che l'Italia di domani sarà di Lenin, di Marx, di Mazzini, di Bakunin, di Vittorio Emanuele III o di Leone XIII. Prima di tenere un Congresso bisogna pr~parare il Congresso, prepa– rarlo discutendo lungamente. Solamente dopo alcuni mesi di discussioni, 300 BiblotecaGino Bianco

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