Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo d'azione non appena quelle idee siano state realizzate, e la loro vittoria sia stata assicurata. Ciascuno di noi esigerà che il nostro partito non faccia nul– la, assolutamente nulla, che possa contrastare la vittoria di quelle idee. Se i condottieri del nostro partito non vorranno sacrificare le loro abitudini mentali alle nuove necessità, noi ci ribelleremo contro di essi e li mettere– mo alla porta. Se la maggioranza del nostro partito non vorrà abbandonare le sue abitudini mentali, noi ce ne strainfischieremo del nostro partito, e ci "concentreremo" per conto nostro intorno alla coalizione di quei soli par– titi o gruppi, o intorno a quel solo gruppo di uomini fuori partito, o ma– gari intorno a quel solo uomo, che ci dirà quella parola positiva, a cui noi possiamo credere. A questa nostra domanda, ognuno dei partiti o gruppi democratici tra– dizionali ci dà la sua risposta. Volete la salute? di risposte ce n'è anche trop– pe. Ma nessuna risposta ci soddisfa. Può essere che qualcuna di esse si rive– lerà buona fra cinquant'anni o fra duemila anni. Quel che noi vogliamo è una risposta che valga oggi, per i problemi che ci tormentano oggi. La "e oncentrazione,, piu torte Le idee non si comandano come si comanda un abito. Esse sono il frut– to dell'esperienza collettiva. Se non ci sono ancora venute, è segno che la esperienza non è ancora matura. Abbiamo ancora da superare altre prove prima di trovare la nostra strada. Ma questa strada non la troveremo se non la cercheremo. Orbene, una "concentrazione" di spiriti che si interdiscono di discu– tere la tattica e il programma dell'azione comune, impedisce appunto di cer– care e di trovare. Lungi dal guarirci dal nostro disagio, la soppressa discus– sione aggrava il nostro malanno. Molta della irritabilità, di cui noi soffria– mo, e di cui diamo spesso miserevole spettacolo agli stranieri, è prodotta dal tormento in cui ci troviamo: sentiamo il bisogno di qualcosa e non trovia,– mo questo qualcosa. Non è rinunziando a cercare che guariremo di questo tormento. Ecco il punto, a cui io volevo arrivare, cari amici, quando mi sono mes– so a scrivere questa mia oramai troppo lunga lettera. La "concentrazione" da cui è sorta la Libertà non deve essere un pat– to di avversari silenziosi: deve essere un patto fra amici, che lungi dal ri– nunziare ad ogni discussione sulla tattica e sul programma della "concen– trazione" vogliono rendere questa "concentrazione" sempre piu salda, e sempre piu effettiva collaborando insieme alla ricerca di una tattica e di un programma comune. Alcuni amici con cui ho discusso quest'idea, si sono messe le mani nei capelli: "Poveri noi," hanno esclamato; "se cominceremo a discutere, tutti i dissensi verranno alla luce, e la 'concentrazione' si sfascerà." 288 BiblotecaGino Bianco

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