Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo non partecipa alle operazioni di polizia, ma viene usato soltanto in tempo di guerra. Che interesse avrebbero i generali dell'esercito a capeggiare un'a– zione intesa a mutare questo piacevole stato di cose? Per la verità, la milizia provoca scandalo: di tanto in tanto brucia una casa, uccide un uomo. Ma è forse colpa dei generali dell'esercito se queste azioni della milizia restano impunite? Sono affari degli ufficiali della milizia, della polizia, dei magi– strati. Ogni generale dell'esercito regolare che collabori con le Camicie nere può onestamente ripetere le parole di Caino: "Sono forse il custode di mio fratello?" Naturalmente non tutti i generali dell'esercito regolare simpatizzano con le Camicie nere. Ve ne sono di quelli ancora fedeli al giuramento. Ma che possono fare contro i fascisti? Devono ubbidire agli ordini del ministro della Guerra, e il ministro della Guerra è Mussolini. Io penso, insomma, che i generali non marceranno mai contro la mi– lizia, vale a dire contro il partito fascista. Tra i generali, aspiranti al con– trollo della milizia, e la milizia, insofferente di ogni controllo, ci sarà sempre un attrito latente; ma questo attrito non assumerà mai la forma di un aperto conflitto, a meno che Mussolini e i capi della milizia non siano indotti a qualche atto di esasperata follia. Se il re dovesse abbandonare il suo atteggiamento passivo, la situazione cambierebbe immediatamente. I generali ostili al fascismo avrebbero final– mente un comandante legale al quale ubbidire: molti degli altri si senti– rebbero impegnati dal giuramento di fedeltà; e la massa dei giovani uffi– ciali e dei soldati semplici si solleverebbe. Ma è vano sperare che il re abbandoni il suo atteggiamento passivo. Egli è incapace di qualsiasi atto di volontà. Se un tribunale straordinario fascista lo condannasse a morte e nessuna forza esterna intervenisse a salvarlo, egli affronterebbe la sen– tenza senza emozione o, al massimo, con quella rapida contrazione della mascella inferiore che gli è abituale; ma non lotterebbe mai attivamente contro il suo destino. Il re ha coscienza della condizione disonorante in in cui è caduto e ne soffre, perché le sue intenzioni sono buone. Spera che si presenti un'occasione che consenta il ritorno alla costituzione. Ma nes– suna circostanza esterna può essere di aiuto ad un uomo che non ha alcuna forza interiore per impadronirsi delle circostanze o per crearle, se manca– no. Cosf, passa da una resa all'altra, da una complicità all'altra, da una ver– gogna all'altra, cercando sempre una posizione da· cui poter offrire resisten– za e non trovandola mai. La prima condizione per resistere consiste nel ca– rattere, e il carattere gli manca. Vi sono re che si annullano passivamente, permettendo ai loro ministri di violare la costituzione e consolandosi con l'illusione di essersi cosf liberati di ogni colpa. Ferdinando II di Borbone, "Re Bomba," appartiene a questa categoria; Vittorio Emanuele III di Sa– voia non ha questa scusante. Non è un uomo, ma una macchina per firma– re decreti. È il roi f ainéant per eccellenza. È l'ultimo dei Merovingi. 280 BiblotecaGino Bianco

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