Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo Svizzera ed entrate in Italia, la prima cosa che notate alla frontiera è il ricambio d'una locomotiva elettrica in luogo di quella a vapore che vi aveva condotto sul luogo. E quei treni filano diritti, senza piu gli assurdi ritardi d'una volta. Ma non v'insisterò perché è uno dei giochetti principali dei nemici del fascismo quello d'apparire magnanimi nel concedere che l'Italia ha una cosa buona adesso che i suoi treni arrivano in orario da quando Mussolini è andato al potere. È una gran gioia, pur nondimeno, il vedere che almeno ora si può viaggiare senza scorgere che il vicino piglia il suo temperino e taglia un bel pezzo di velluto rosso nei vagoni di prima classe o il velluto marrone in quelli di seconda classe, o che mette i piedi pieni di fango sul velluto dello scompartimento, o che va in altro posto del vagone e rompe uno specchio, o ruba alcuni di quegli oggetti movibili che ancora si trovano nei treni italiani. Tutto ciò prima succedeva giornalmente. Inoltre, era la completa disorganizzazione del servizio, piu che gli orari ferroviari, ch'era tipica; disorganizzazione che ora ha fatto posto non solo alla precisione ed alla puntualità, ed anche con tale insistenza sui diritti delle ferrovie che se per caso qualcuno mette un piede sullo stesso velluto di prima o seconda classe, trova subito un agente ferroviario fascista che lo multa di venti lire, se il velluto è della prima classe, o di dieci lire, s'è il velluto della seconda classe ch'egli ha offeso. E l'oro, come procurarlo era il piu grave problema dell'Italia, che ne deve dar tanto ai suoi compagni di guerra. L'Italia non ha oro, come non ha alcuno di quei materiali grezzi che si trovano principalmente nelle colonie, con i quali altri paesi possono pagare, anche senza fornire oro, i loro obblighi interalleati o internazionali. L'Italia, pertanto, aveva due grandi attività prima della guerra, le rimesse degli emi– grati e la cosidetta "industria dei forestieri,,, cioè l'industria degli alberghi e del trasporto di viaggiatori stranieri, la vendita delle bellezze della penisola a coloro che venivano a visitarla. Ma, duole a dirsi, non appena la guerra fini, le barriere dell'emigrazione (che non desidero discutere qui) sbarrarono la via degli italiani, in modo che tutti ci dissero: "Vi amiamo fortemente, ma dovete possedere mille dollari prima che possiate sbarcare nel nostro paese.,, In altre parole, il principio del regime fascista trovò l'Italia debitrice di molto oro, ma confortata dalla chiusura d'una via di salvezza per gl'italiani e della possibilità di pagare indirettamente colle loro rimesse la bilancia commerciale sfavorevok dell'Italia verso le altre potenze. Cosicché Mussolini disse: Se i nostri emigranti diminuiscono, facciamo che i loro viaggiatori crescano! L'Italia vende la sua bellezza ad un numero sempre crescente di viaggiatori. Essa ha ricevuto i visitatori cos1 bene, li ha resi cos1 felici entro i suoi confini, li ha attratti con vapori, treni ed anche aeroplani cos1 buoni, ch'essi vengono numerosi, in modo che è difficile ottenere una stanza negli alberghi dappertutto. Spesso vengono da paesi nei quali gli si fa rammentare spesso che il dollaro vale di piu delle deprezzate monete europee. Vengono da luoghi diversi, nei quali vi sono ostacoli d'una specie o di un'altra, scioperi, lotte di razza provenienti dalla guerra, e chi si che cosa, e come vi vanno in massa, portano le loro preziose risorse in Italia, rendendo cos1 possibile di bilan– ciare la ben seria deficienza dovuta alla mancanza d'oro locale. Politicamente (poiché il presidente mi dà cos1 poco tempo e mi farà attenere alla mia mezz'ora senza misericordia) dirò che la caratteristica saliente nelle relazioni dell'I– talia con i suoi vicini ed amici è che l'Italia ha sbattuto la sciabola solamente a parole. Questo l'ha fatto alquanto spesso. Mussolini deve mantener quieti, deve, fino ad un certo punto impedire che gli prendano la mano tanti che fino ad ora, grazie al cielo, sono stati pasciuti di null'altro che di parole; e s'egli parla della venuta dell'Impero Romano o se alcuni di quelli ~otto di lui parlano dell'Anno Napoleonico, non v'impaurite. Notiamo con soddisfazione che l'Anno Napoleonico doveva essere il 1926, ora de– funto. Farà tanto bene al mondo il riflettere sulla necessità continua di discorsi per consumo nazionale ad un popolo che ama eccessivamente i discorsi escandescenti, che recentemente è stato maltrattato e che ora è messo a dura prova da una severa disciplina e costretto a guardare ad un avvenire lontano e piu brillante per la salvazione dell'Italia dalla sua triste condizione e per la soluzione dei problemi internazionali urgenti. 260 BiblotecaGino Bianco

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