Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Scritti sul fascismo Ma vediamo. Pochi di noi siamo del tutto felici in tempi d'elezione e diciamo: "Ora ho trovato il candidato ideale, il gruppo per il quale ho lavorato tutta la mia vita. Ho sempre desiderato che venisse. Ora sono di nuovo felice. È chiaro che non v'è nulla di cattivo in quest'organizzazione." Con lo sguardo a terra, moltissimi, meditano se, dopo tutto, i voti che si stanno dando a certi individui sconosciuti, portati da organizzazioni che devono premiare la fedeltà piu dell'abilità, la popolarità piu dell'onestà, sono dei voti che, in ultima analisi, fanno per il bene del paese e del mondo. Siamo giusti: in generale, si è perduta quella confidenza fondamentale nel governo che ci fa dire quando si riceve la bolletta delle tasse: "Sono cos1 felice d'avere l'opportu– nità di dimostrare al governo quanto gli voglio bene." D'ordinario gli esseri umani non hanno piu questo senso d'immensa devozione, questa freschezza d'atteggiamento verso il governo come l'avevano i nostri antenati. Ma non ho tempo di discutere i guai moderni delle democrazie. Non difendo l'abolizione delle libertà elementari che il fascismo ha portato. Io sto discutendo l'Italia che emerse nel 1922 da uno stato d'anarchia assoluta, in seguito al– l'influenza demoralizzatrice della guerra. Potete accusare la guerra stessa di questa in– fluenza demoralizzatrice e sono d'accordo. L'Austria era appena caduta quando grandi masse ritornarono a casa dalle pri– gioni austriache, senza che nessuno sapesse che cosa doveva farsi di loro e come riceverli. Quanti erano prigionieri in buona fede; quanti erano "scioperanti" di Caporetto? Quando avvenne il disastro di Caporetto questi uomini volevano fuggire, ora invece, erano ben ricevuù al loro ritorno senza osservazioni. Lasciamo stare. Ma un vero governo sarebbe intervenuto. I liberali, al contrario, preferirono di non vedere. In conseguenza, i fascisti dovettero con i loro metodi veementi creare ordine dal caos. Alcuni di voi criùcate quella veemenza. Piacciavi esser giusti: prendetevi la vostra parte di responsabilità. Quei primi fascisti erano tutti veterani di guerra, truppe d'assalto di quell'esercito italiano che l'A– merica lasciò combattere sulle Alpi senza aiuto. Voi insisteste a mandare tutti i vostri giovani in Francia. Ma quei giovani erano stati per tre anni e mezzo in una guerra terribile contro una potenza militare piu grande dell'Italia, sulle Alpi, sulle quali nessuna guerra vera era mai stata combattuta prima. Non avevano né gas asfissianti, né "tanks," né cannoni di grosso calibro. Significava che quasi sempre dovevano usare il coltello, le granate a mano, la baionetta, cioè le cose che mostrano ad un individuo cosa significhi ammazzare un altro uomo. Voi, che state vedendo ogni giorno tanti veterani della guerra mondiale riempire le prigioni di Sing Sing, perché hanno dimenticato a rispettare la vita umana, dovreste essere molto generosi e tolleranti verso un popolo che è stato costretto a combattere da solo, può dirsi, una guerra contro le forze combinate di una potenza piu grande dell'Italia e della natura, rappresentata dalla formidabile barriera delle Alpi ad un tempo. E che cosa hanno fatto quei giovani sin da quando hanno preso il governo dell'I– talia? Mi dispiace che le statistiche che desideravo d·'usare (poiché mi restano solo cinque minuti del tempo a me assegnato) sono state completamente discreditate dall'afferma– zione fatta prima che le statistiche sono menzogne di quarto grado. Non volendo, quindi, esporre le cifre ufficiali a questo stigma, non ne presenterò affatto, ma rimanderò i miei uditori alla massa di cifre stampate in America riguardo ai successi pratici del fascismo. Preferisco d'insistere sul mio punto di vista espresso prima, che Mussolini ha rappre– sentato, sin dal principio della sua ascesa al potere un lottatore di prima forza, lottante per tutte le specie d'idee, e contro tutte le specie di persone, con un coraggio, una temerità che dubito egli avrebbe potuto avere se il suo giovanil entusiasmo non gli avesse impedito di comprendere quali tremende difficoltà gli si paravano dinanzi. Egli trovò barriere da ogni lato, dentro il paese e fuori e cominciò col ponderare cosa poteva farsi col terribile bilancio che presentava (ebbene, devo metter fuori almeno una cifra) un deficit di 15.500.000.000. Orbene, un deficit cos1 colossale ed incredibile, in un paese povero, avrebbe sbalordito un politicante del vecchio tipo, un diplomatico dalla fina mano 258 BiblotecaGino Bianco

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