Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Memorie e soliloqui 7 febbraio, Milano Parlato con Borgese. Anch'egli ntiene che non ci sia mai stato in Italia pericolo di una rivoluzione bolscevica. Neanche al tempo, in cui i bolscevichi minacciavano Varsavia, avvenne nulla. La occupazione delle fab– briche fu l'ultima ondata: e dimostra tanto piu la inconsistenza del bolsce– vismo italiano, in quanto la borghesia e il governo non opposero nessuna resistenza; gli operai potevano fare quel che volevano, e non fecero nulla. E dopo lo svuotamento del bolscevismo di sinistra si ebbe la facile vittoria del governo sul bolscevismo di destra, dannunziano, a Fiume: bastò una cannonata per liquidarlo. Ma c'era stata una gran paura. Nell'estate del 1920, tutti i piu grossi industriali si erano preparati i passaporti per fuggire all'estero con le fami– glie. Quando videro che la rivoluzione era un falso allarme, presero corag– gio, e passarono alla controffensiva. Nel dicembre del 1920 cominciò il fi– nanziamento in grande del fascismo: bisognava schiacciare il movimento opera10. Giolitti secondò il movimento per vendetta contro i socialisti, che si ri– fiutarono di dargli una sicura base parlamentare. Sperava di "tenere in ma– no" i fascisti, utilizzarli a picchiare i socialisti, e mandarli in soffitta quando non ne avesse avuto bisogno piu. L'Italia, alla fine del 1920, poteva rimettersi oramai al lavoro con fiducia nell'avvenire: aveva superato la crisi senza bisogno di modificare le sue istituzioni liberali tradizionali. Occorreva ancora tempo e pazienza. Ma si era sulla buona via. La malvagità cieca degli industriali e la piccineria di Giolitti riportarono la barca in alto mare. Che Giolitti fosse irritato coi socialisti e abbia voluto batterli per mez– zo dei fascisti, risultò a Borgese da una conversazione che ebbe con Am– brosini. Venendo ai precedenti dell'ottobre passato, Borgese conferma che ci furono trattative fra Amendola, Giolitti, Mussolini per un ministero Giolitti, e che il Corriere secondava l'accordo. D'Annunzio non faceva parte della combinazione. Quando scoppiò lo sciopero ferroviario, piovve a Milano, convinto che lo sciopero avrebbe trion– fato, e pronto a inserirsi nel movimento per fare in Italia il "socialismo na– zionale" ad imitazione della Baviera e contro Mussolini. Ma lo sciopero falH. La sera i suoi seguaci, a cui si mescolarono fascisti e nazionalisti, anr darono a prenderlo: i primi senza capire quel che facevano, i secondi per comprometterlo. Lui non voleva andare a Palazzo Marino. Ma fu quasi co– stretto a seguirli. A Palazzo Marino fece un discorso... fascista. Ma tor– nato in albergo, nello scrivere il testo del discorso, gli dette un tono neutral~, e in qualche punto anche antifascista. E ad un telegramma fascista, che finiva Viva il fascismo, rispose con un telegramma che finiva Viva l'Italia (vedere nei giornali). Borgese conferma che la manifestazione dei muti- 125 BiblotecaGino Bianco

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