Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo II

Sct-itti sul fascismo Questo Grandi è considerato come il rappresentante del sindacalismo fa– scista bolognese; molto influente nel bolognese; possibile competitore di Mussolini. Che i salandrini riescano a sfruttarlo contro Mussolini? Tener presente l'uomo. Sempre Bracci mi raccontava che la sera del colpo di stato Acerbo aveva dato a Ciano la notizia che Buozzi e Baldesi entravano nel Ministero Mussolini. Ciano, che ne parlò a Bracci, ne era assai inquieto e irritato. Dunque Mussolini voleva fare il Ministero con Giolitti e i socialisti unitari, prima del colpo di stato; fatto il colpo di stato, abbandonò Giolitti, ma tentò [di] conservare i socialisti; ma dové cedere anche su questo pun– to alle forze piu conservatrici. Quel che non mi risulta ancora ben chiaro è l'atteggiamento del re, e quello dei militari, cioè De Bono e C.i. Vediamo di sistemare le idee. Nei militari due partiti: De Bono, Diaz, Fara, ecc. cioè i massoni di Palazzo Giustiniani con Mussolini, che è d'accordo con Facta e Giolitti. Ba– doglio d'accordo con Salandra, Federzoni, D'Annunzio. Il re d'accordo con questi la sera dell'arrivo a Roma consente lo stato d'assedio. Ma per evitare lo stato d'assedio si arroccano nella notte Facta, che è d'accordo con Musso– lini; e i nazionalisti e Salandra, che temono la vittoria del governo possa servire a Giolitti. Il re cede. Questa mi pare la spiegazione di tutto il ma– neggio. Parlando con Ojetti cercherò di capire come andarono le cose. A Roma circola la voce che fui io a consigliare a Sforza il telegramma di dimissioni. Anche Carlo Piacei me ne ha parlato oggi. E l'amica inglese me ne parlò l'altra sera. Io ho detto e dico a tutti che Sforza agi di sua te– sta. La verità intera è che io andai a trovare Sforza, appena lessi sui giornali le prime notizie del pasticcio. Sforza era deliberato a dimettersi. Io gli dissi che faceva bene a dimettersi prima che lo destituissero, o che lo tenessero al posto di Parigi per accusarlo degrinsuccessi della politica di Mussolini, o che lo esautorassero come Schanzer aveva fatto con De Martran a Londra. Dunque io non gli suggerii nulla; ma lo confermai nel suo proposito. Nella conversazione che durò due ore, io dissi fra l'altro che i nazionalisti italiani sono sempre a parlare contro la politica del sentimento, ma fanno quella del risentimento. Tornai da Sforza il giorno dopo. Ed egli aveva già scritto il telegramma, in cui ci aveva messo i sentimenti e i risentimenti. Io gli consigliai alcuni spostamenti e chiarimenti. Ma gli dissi che avrebbe fatto bene a non pub– blicare il telegramma prima che Mussolini avesse accettato le dimissioni. Sforza insistette per la pubblicazione immediata: "orrore," disse, "non possono accusarmi a Roma di avere peggiorato le relazioni colla Francia; perciò nel mio telegramma ho messo che confido che l'opera mia sarà con– tinuata; né la notizia delle dimissioni sarà accompagnata dalla mia assicura– zione che esse non dipendono da un mutamento di politica italo-francese." Io non insistetti piu: e feci male. Ma a questo si è ridotta l'opera mia. 82 BiblotecaGino Bianco

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