Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia Socialisti e comumstl, che lasciati alle loro lotte interne in un regime di libertà e senza la prospettiva prossima delle elezioni si sarebbero indeboliti a vicenda, smisero di colpo di litigare per affrontare l'offensiva del governo e dei fascisti ed evitare un disastro elettorale. Mentre sul terreno dell'illega– lità non potevano combattere con successo, sul terreno legale di una lotta elettorale erano ancora molto forti. Il disorientamento della classe operaia che era stato evidente nel dicembre del 1920, nel gennaio e febbraio 1921, si mutò in un'ondata di sdegno morale contro il governo che favoriva la violenza fascista. Nel 1919 vi erano alla Camera 156 socialisti; nella nuova Camera del 1921 vi erano 122 socialisti e 16 comunisti. I popolari, che nella Camera precedente ammontavano a 101, salirono nella nuova Camera a 107. Gli altri gruppi salirono da 250 a 280. Quindi la proporzione tra i tre settori della Camera rimaneva quasi immutata. Se la proporzione numerica rimaneva inalterata, la situazione psicolo– gica cambiava in peggio. I socialisti-riformisti che nel 1920 avevano soste– nuto la necessità di abbandonare le posizioni intransigenti e partecipare al governo con i democratici, adesso non potevano piu allearsi con i democra– tici, fintanto che questi erano capeggiati da Giolitti, che aveva adoperato i fascisti per "fare le elezioni" con i revolvers e i manganelli. L'intransigenza del 1919, che nel 1920 andava indebolendosi, fu esasperata nel 1921. Anche i popolari, che avrebbero condotto volentieri una politica di col– laborazione, erano stati costretti dalle violenze fasciste a presentarsi alle ele– zioni come oppositori del governo. Essi facevano ritorno alla Camera inco– raggiati dalla loro vittoria, e urtati con Giolitti, che aveva fatto bastonare i loro elettori dai fascisti, dopo avere invitato i loro capi ad entrare nel suo gabinetto. Tra la massa dei deputati, che non erano né socialisti, né comunisti, né popolari, e che il governo considerava come la propria maggioranza, vi era un gruppo di 35 fascisti, giovani e violenti, che avevano dietro di sé fuori della Camera un'organizzazione armata pronta a commettere qualsiasi estremismo. Ufficialmente la Camera (senza contare i 16 comunisti e gli altri piccoli gruppi indipendenti) era divisa in tre settori: socialisti, popolari, e costitu– zionali. Di fatto essa si divideva in quattro settori: socialisti, popolari, de– mocratici, e il gruppo nazional-fascista e conservatore. Giolitti e il suo gruppo di democratici avrebbero voluto allearsi con i popolari e con i socialisti riformisti; ma questi non si fidavano di lui. Essi non volevano allearsi con Giolitti, e neppure potevano formare un'alleanza contro di lui. Nessuno dei gruppi aveva la possibilità di governare senza la collaborazione di altri gruppi, ma una coalizione era impossibile. La Ca– mera del 1921 era impotente a fronteggiare i moti della guerra civile allo stesso modo che la Camera del 1919-20 era stata impotente a fronteggiare i disordini della nevrastenia del dopoguerra. Giolitti aveva bruciato la casa per cuocere un piccione. 66 BiblotecaGino Bianco

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