Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Hafvai·d: L'Italia dal 1919 al 1929 testo di un decreto-legge, con il quale si autorizzavano i prefetti delle pro– vincie a "diffidare" quei direttori di giornali che avessero messo in circola– zione notizie ·"false o tendenziose." Un direttore che fosse stato "diffi– dato" due volte nel corso di un anno avrebbe perso il diritto a dirigere il giornale. Il decreto era una violazione aperta dello Statuto e riguardava una materia che era sempre stata interdetta ai regi decreti. Mai né un gabinetto né il Re avevano emesso provvedimenti del genere senza la preventiva appro– vazione del Parlamento. Il Re non aveva ancora firmato il decreto. Diffon– dendo la notizia che esso era stato firmato, Mussolini creava l'impressione che il Re fosse decisamente dalla sua parte e pronto a sostenerlo anche su di un terreno incostituzionale. Il Re non aprf bocca. In questo modo la Camera venne avvisata che essa non poteva far altro che cedere o affrontare un altro · colpo di stato, dato che Mussolini aveva il Re nelle sue mani. Dopo che la Camera aveva per quattro giorni discusso la legge, il 15 luglio Mussolini fece un discorso inaspettatamente mite, e nel quale faceva sperare che non appena la legge fosse stata approvata, ogni illegalismo sa– rebbe subito cessato in tutto il paese. Il leader dei democratici antifascisti, Amendol~, con disgraziata mancanza di acume politico, si lasciò irretire da questa promessa, e sacrificando i suoi sentimenti antifascisti al desiderio di pace generale, dichiarò che si sarebbe astenuto dal votare contro la legge. Fu questo il segnale del " ciascun per sé " per tutti coloro che o erano an– siosi di entrare nelle buone grazie di Mussolini, o non avevano nessuna vo– glia di assaggiare il manganello fascista. La legge fu approvata con 235 voti in suo favore. Solo un centinaio di deputati socialisti, comunisti e democratici, e 39 popolari ebbero abbastanza fegato da votare contro. Tutti gli altri o si dettero assenti o si astennero dalla votazione. Quello stesso giorno il Re firmava il decreto contro lo stampa. Dopo che la Camera aveva rinunciato al suo onore e alla sua indipendenza, egli si sentiva meno colpevole distruggendo un altro pezzetto del vecchio Statuto del Regno. Il decreto tuttavia non venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; rimase nel cassetto di Mussolini, pronto per la pubblicazione e l'applicazione non appena Mussolini lo desiderasse. Anche questa fu una innovazione nella prassi costituzionale, o piuttosto incostituzionale, italiana. Mai si era dato prima che un presidente del Consiglio avesse presentato al Re un decreto la cui pubblicazione ed entrata in vigore non seguisse immediatamente la firma del Re, ma venisse rimandata ad un tempo futuro quando quel presidente del Consiglio lo ritenesse opportuno. Anche con la nuova legge elettorale, una elezione generale poteva sem– pre produrre qualche spiacevole sorpresa. Era necessario assicurarsi che i risul– tati dessero una maggioranza fascista. Era anche necessario attaccare forza e consenso allo stesso carro. Il reverendo Giovanni Minzoni, parroco di Argenta (Ferrara), era il coraggioso leader dell'organizzazione della gioventu cattolica della sua zona, BiblotecaGino Bianco

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