Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il dclitto Mattcotti Ho creduto di prendere una simile decisione per non dare piu oltre ad avversari di ogni colore il pretesto, per quanto ingiustificato, altrettanto subdolamente sfruttato, di equivocare sui rapporti del partito popolare italiano, con la Chiesa, e quindi coinvolgere questa negli inevitabili contrasti politici che il partito stesso deve affrontare, con piena autonomia e responsabilità, per la difesa e la realizzazione del suo programma ideale e pratico. (...) Credo di non dovere piu oltre indugiare per non lasciare che la offensiva contro la Chiesa, iniziata proprio in occasione dell'atteggiamento popolare contro la riforma elettorale politica, dalle insidie e dalle minacce vada piu oltre. 11 Il giornale liberale La Stampa era piu esplicito di Don Sturzo: In Vaticano si temette che l'ostilità fascista venisse ad estendersi al clero in generale. Infatti, dalle alte sfere fasciste giunse in Vaticano l'avvertimento dell'impossibilità di man– tenere l'incolumità sia della persona di Don Sturzo sia dei sacerdoti in genere nelle varie regioni d'Italia. Il Vaticano si mostrò preoccupato di tale situazione, e poiché Don Sturzo aveva già preventivamente offerto di eliminare la propria persona qualora essa potesse creare qualche imbarazzo al Vaticano, cosf esso fece conoscere a Don Sturzo che il momento delle dimissioni era venuto. Il segretario politico inviò senz'altro la lettera di dimissioni, che fu conosciuta prima dal Vaticano. 12 Nel numero del 12-13 luglio 1923, il Popolo, quotidiano popolare diretto da un amico di Don Sturzo, riproduceva le parole della Stampa senza smen– tita alcuna, né da parte di Don Sturzo né da parte del Vaticano. Tale giu– dizio in proposito è quindi da considerarsi giusto. Ma questa non era tutta la verità. La verità intera è che nel gennaio del 1923, Mussolini e il cardinal Gasparri, segretario di stato del papa, ave– vano avuto un colloquio segreto nell'abitazione di uno dei direttori del Banco di Roma. Essi si erano accordati sul modo di risolvere la questione ro– mana, e Mussolini si era impegnato al salvataggio della banca a spese dei contribuenti italiani. 18 Egli aveva mantenuto la parola. Un fallimento era stato evitato. Era giunto il momento che il papa ricambiasse il favore. Si disse a Don Sturzo che egli doveva dimettersi da segretario del partito po– polare. Per lui non c'era altro da fare che obbedire. Una volta abbattuto il pastore, era facile disperdere il gregge. Il 13 lu– glio le sedi di molte organizzazioni cattoliche, in tutta Italia, vennero assal– tate e devastate. Era questo un altro avvertimento a quei deputati popolari che non avessero ancora compreso il consiglio di arrendersi. Lo stesso giorno, fu portato alla ribalta il Re. I giornali pubblicarono il 11 "Il Popolo," 1r-12 luglio 1923. 12 "La Stampa," n-12 luglio 1923. 13 La notizia di un incontro tra Gasparri e Mussolini fu resa nota da una lettera al " Popolo di Roma, " 22-23 agosto r 929, scritta dal conte Santucci, che nel 1923 era il pre– sidente del Banco di Roma. Se.condo questa lettera, Gasparri e Mussolini si erano accor– dati soltanto sul fatto che era tempo che la questione romana venisse risolta. Ma neII'agosto 1929. Mussolini e Pio XI si trovavano in grave disaccordo per l'interpretazione dei Patti la– teranensi, e Mussolini dette ordine ai giornali che pubblicavano la lettera di Santucci, di aggiungere una nota in cui si diceva: " A proposito del colloquio del quale dà notizia con questa sua lettera il sen. Santucci, siamo in grado di affermare che nel corso del medesimo si parlò della situazione del Banco di Roma. " L'agenzia ufficiale Stefani comunicò il giorno dopo a tutti i giornali il testo della lettera di Santucci con aggiunta la nota. Poiché era noto che i comunicati della Stefani venivano prima sottoposti all'approvazione del governo era evidente che Mussolini aveva pubblicato quella nota per ricordare a Pio XI quella lor~ trattativa. Il cardinal Ga!iparri non osò pronunciare nessuna smentita. · Bibloteca Gino Bianco

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