Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia sedi sindacali, ne uccidevano i dirigenti o ne esigevano l'allontanamento, picchiavano e cqmmettevano violenze. Il paese era terrorizzato dalle " spe– dizioni punitive," che alla luce del sole partivano dalle locali sedi del Fascio. I consigli municipali che fossero di maggioranza "bolscevica" o popolare erano costretti a dimettersi, dopo che sindaco e consiglieri erano stati mi– nacciati di morte. Per due anni venne condotta una spaventosa caccia al– l'uomo, autorizzata dalle autorità militari e con la connivenza della magi~ stratura e della polizia. Fu una "controrivoluzione spietata opposta a una rivoluzione mancata." 12 Alcuni dei "socialisti di guerra," ora che le orga– nizzazioni socialiste erano diventate per loro poco salubri, cominciarono uno alla volta a trasmigrare nel partito fascista 13 ; cos1 molti che nel 1920 si erano comportati da vigliacchi, nel 1921 diventarono apostoli di terrorismo. Luigi Fabbri, vivendo a Bologna, che era uno dei centri piu attivi del movimento fascista, dava nell'estate del 1921 la seguente descrizione della offensiva fascista: Dove, come a Reggio Emilia e Modena, prevalevano le organizzazioni riformiste, s1 sono assalite queste; a Bologna e a Ferrara le organizzazioni massimaliste unitarie; a Treviso le organizzazioni repubblicane; nel Bergamasco le organizzazioni cattoliche; a Carrara e nel Valdarno le organizzazioni anarchiche; a Piacenza, a Sestri e a Parma le organizzazioni sindacaliste, non escluse quelle già partigiane della guerra e con tendenze dannunziane; a Torino le organizzazioni comuniste; ed in qualche luogo, come a fadova, perfino degli organismi cooperativi del tutto apolitici e amministrati da uomini dell'or- , dine. La furia distruttrice non ha fatto distinzione fra i vari istituti; bastava fossero operai: leghe o camere del lavoro, uffici di collocamento o federazioni, biblioteche o giornali, coo– perative di consumo o cooperative di produzione, società operaie di M.S. o circoli di diver– timento, caffè ed osterie o case private. (...) I pretesti addotti dai fascisti non hanno im– portanza, poiché variano da luogo a luogo. A Bologna e nel Reggiano vi dicono che bi– sogna sgominare i socialisti che, vigliacchi, non han saputo o voluto fare la rivoluzione. Al contrario a Carrara e nel Valdarno proclamano che è ora di finirla con gli anarchici, che minacciano nuove convulsioni ed impediscono le graduali conquiste. A Torino o Firenze declameranno contro il mito comunista russo, e a Roma a Milano contro il rifor– mismo nittiano. E cosi via, trascurando in ogni località le fazioni di minoranza che, appunto perché minoranza - siano essi socialisti, anarchici, repubblicani o cattolici - non hanno altro che le idee da difendere e non rappresentano alcun interesse proletario concreto e contingente da colpire. 14 Ecco i due punti fondamentali da tenere ben presenti se si vuole inten– d~re il movimento fascista. Il primo è che il movimento fascista - non il movimento scarsamente organizzato, ultrarivoluzionario e poco efficiente, del 1919-20, ma il movimento antirivoluzionario, ben organizzato e del tutto efficiente degli anni dipoi - cominciò a svilupparsi proprio mentre nel paese la nevrastenia del dopoguerra cominciava a venire meno. Via via 12 OnoN. P?~, F_ascism, London, Labour Publishing Co., 1926, p. 106. 13 " Essi s1 1scnssero ai fasci non solo perché erano privi di educazione politica, ma per– ché volevai:io a".ere una parte in quanto stava accadendo, e non vedevano nessuna prospettiva per la reahzzaz10ne delle loro speranze comuniste. " O. PoR, Fascism, cit., p. 107. 14 L. FABBRI, La controrivoluzione preventiva, cit., p. 55; E. A. MowRER, Immortal ltaly, pp. 357-60. 42 BiblotecaGino Bianco

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