Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il drago rosso e la camicia nera I leaders nazionalisti miravano ad assicurarsi il controllo del movimento, senza assumersi alcuna responsabilità diretta per le azioni di violenza che le bande fasciste andavano compiendo. Ufficialmente essi non erano fascisti; ma in realtà tiravano i fili dietro le quinte d'accordo con i grossi uomini d'affari e con i capi dell'esercito. Non è facile calcolare quanti fascisti vi fossero in Italia alla fine del 1920. L'8 novembre del 1921 il giornale di Mussolini affermava che nel mag• gio del 1920 i fascisti erano 30.000. Ma in un discorso del 9 marzo 1924, Mus• solini affermò che in data 31 dicembre 1920 essi erano 20.615. Nel 1932, i dati statistici ufficiali forniti dall'ufficio amministrativo del partito fascista davano la cifra di 60.000 iscritti al dicembre 1920. Cercare di conoscere la verità in questo maras~a di affermazioni contrastanti è una impresa disperata. Tutta• via una cosa è chiara: che anche se si accetta per vera la cifra di 60.000, tale forza rappresenta una forza ridicola a confronto dei 2.150.000 iscritti ai sin• dacati controllati dai socialisti, e di 1 .200.000 iscritti ai sindacati controllati dal partito popolare. Come era possibile che in pochi mesi 60.000 uomini riducessero a un mucchio di rovine una organizzazione di oltre tre milioni di uomini? Gli storici fascisti trovano subito una risposta pronta: i fascisti, dicono, erano tutti eroi, i socialisti e i popolari tutti vigliacchi. Fu per merito di puro eroismo che le forze della civiltà fascista sopraffecero le potenze della tene– bra " bolscevica. " Un giornalista inglese descrisse le gesta fasciste allo stesso modo di come un poeta medievale avrebbe cantato in una chanson de geste le imprese dei cavalieri erranti: Uno scrittore del Medioevo narrerebbe la storia di questo risveglio con delicate imma– gini, dato che essa contiene tutti gli elementi di una impresa epica. Abbiamo un prode cavaliere che da solo, deriso dai nemici e commiserato da pavidi amici, se ne parte per combattere un drago rosso la cui forza e la cui mole vanno sempre piu aumentando. Tutto il paese è in pericolo. La lotta è lunga e dolorosa, e a momenti il drago sembra prossimo a vincere. Ma poco alla volta la schiera dei seguaci del cavaliere si ingrossa, e quando il . popolo vede che la sua salvezza è possibile, tutti accorrono sotto le sue bandiere. E cosi il drago è ucciso, e il prode cavaliere - che non era se non il figlio di un fabbro di villaggiò - diventa il primo ministro del re. 10 Non c'è niente che faccia tanta presa sulle facoltà immaginative della gente come una semplificazione della storia del genere di questa, e una per– sonificazione di principi e forze in. guerra tra di loro per contendersi il destino di una nazione e, forse, dell'intero genere umano. Si creano in tal modo dei miti che né le fatiche degli storici, né l'analisi di prove documentarie riusci– ranno mai a distruggere. Tuttavia, vediamo in che modo la Camicia Nera operò per condurre a morte il Drago Rosso.. In un paesino due camicie nere entrano nei locali dove sono riuniti cin– quanta operai; spianano contro di essi le rivoltelle gridando "mani in alto," 10 P. PHILLI~s, The Red Dragon and the Black Shirts, cit., pp. 11-13. 543 ibloteca G1no Bianco

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