Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia Domenica, 21 novembre, alle due del pomeriggio, un'ora prima che la cerimonia avesse inizio, fu innalzata una bandiera rossa su una delle due famose torri. Evidentemente sia tra i "bolscevichi" che tra i fascisti c'erano dei fanatici, decisi a provocare un conflitto. Dopo una mezz'ora, la ban– diera fu tolta per ordine della polizia. Alle 3, l'ora fissata per la nomina del nuovo sindaco da parte del nuovo consiglio comunale, la sala era piena di gente, e nella piazza antistante erano riunite migliaia di persone. Cor– doni di truppa a piedi e a cavallo, carabinieri e guardie regie, chiudevano tutte le strade di accesso alla piazza, per impedire che i fascisti potessero entrare e venire a contatto con la gente qui raccolta. Alle tre e mezzo, un gruppo di circa 500 fascisti, partendo dal loro quartier generale, si gettarono contro uno sbarramento di soldati riuscendo • a fare breccia. Raggiunta l'entrata della piazza, cercarono. di fare breccia anche attraverso il secondo sbarramento, proprio mentre il nuovo sindaco si faceva alla finestra, accompagnato dalle bandiere rosse, per parlare alla folla. Dal gruppo dei fascisti partirono tre colpi di rivoltella, e nel nervosi– smo generale essi provocarono una ondata di panico. Molti soldati abban– donarono. le file o si gettarono a terra; alcuni carabinieri e guardie regie aprirono il fuoco contro il municipio. Nella piazza, la folla in cerca di riparo si precipitò verso il cortile interno del palazzo comunale; da una finestra del municipio su questa massa terrorizzata furono gettate alcune bombe. Un comunista, tale Martelli, membro del comitato organizzatore della cerimonia, aveva pensato bene di preparare non soltanto i rinfreschi per i consiglieri, nel caso che tutto fosse andato bene, ma anche una provvista di bombe, nel caso che il municipio fosse stato assalito dai fascisti. Quando la folla avanzò alla rinfusa contro le porte d'ingresso, Martelli sembra che abbia creduto che fossero fascisti, e gettò le bombe sui suoi stessi amici. Vi furono tra la folla dieci morti e cinquantotto feriti. Alcuni rimasero vittime del fuoco dei carabinieri e delle guardie regie, ma i piu furono colpiti dalle schegge delle bombe. Nel frattempo, nella sala consiliare, era tutto un gridare e una confu– sione: chi si affannava verso le porte per scappare, chi si gettava per terra per non essere colpito dai proiettili che entravano dalle finestre, quando due uomini armati di rivoltella (o forse soltanto uno, che cambiò di posto mentre sparava) si fecero verso i banchi occupati dai consiglieri della minoranza antisocialista, cominciando a sparar loro contro. Un consigliere della mino– ranza l'avvocato Giordani, che si era distinto come ufficiale in guerra, venne ucciso, due altri vennero feriti. Questi sono i fatti, quali oggi possono essere ricostruiti a sangue freddo, dai resoconti del pubblico processo, che si svolse a Milano dal 30 gennaio al 14 marzo 1923. 4 Nel nove1nbre del 1920, sotto la impressione immediata • 4 Essi furono pubblicati per esteso dalla stampa del tempo. Io mi sono servito dei reso– conti del " Corriere della Sera. " BiblotecaGino Bianco

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