Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

L'occupazione delle fabbriche ché il proletariato era stato tradito da quelle quattro persone che non avevano votato in favore della rivoluzione. 1 Pochi giorni dopo nascevano difficoltà da un'altra parte. Giolitti aveva scelto come suo ministro degli Esteri il conte Sforza, che aveva sempre con– dannato i progetti di annessione all'Italia della Dalmazia ed era intenzionato a raggiungere un compromesso italo-yugoslavo sulla questione adriati~a. A Trieste, il 13 luglio, un gruppo di nazionalisti e di fascisti appiccò il fuoco, distruggendolo, al quartier generale di tutte le organizzazìoni politiche, econo– miche e culturali degli slavi in città, il "Narodni dom," un atto di violenza che produsse un danno di circa due milioni e mezzo di lire. Gli incendiari si procurarono in una caserma vicina la benzina necessaria per la loro opera. In tal modo essi avevano sperato di far fallire i negoziati tra Sforza e il gover– no di Belgrado. A capo di questa impresa ritroviamo quello stesso Giunta che abbiamo incontrato a Roma e a Firenze nel giugno e luglio del 1919 come fomentatore di disordini. Nel frattempo, tra i ceti medi ed abbienti si andava lentamente matu– rando un nuovo stato d'animo. Gli industriali, che durante la guerra avevano fabbricato munizioni o panno militare, sinora non avevano veramente sofferto le conseguenze dei disordini e degli scioperi. Il timore dei disordini che avreb– bero potuto sorgere dalla disoccupazione tratteneva il governo dal porre ter– mine alla produzione di materiale bellico. Gli industriali poi protestavano, affermando che non potevano continuare a pagare i salari richiesti dagli ope– rai se il governo non aumentava i prezzi delle merci; e il governo allora, allo scopo di far fronte ai propri impegni, aumentava la circolazione della carta moneta. Di conseguenza vi fu un rincaro dei prezzi, nuovi scioperi, un rinno– vato timore di disordini, e n.uove ordinazioni di materiale bellico. Ma il governo non poteva continuare a ordinare all'infinito del materiale bellico inutile, e a loro volta gli industriali non potevano passare dai prezzi antieconomici ai prezzi economici senza o rinunciare ai profitti o abbassare i salari, e non potevano abbassare i salari senza una dura lotta contro l'organiz– zazione economica e l'influenza politica delle classi lavoratrici. Nella bassa Lombardia, in Emilia, Toscana e Puglia, dove la pressione dei sindacati socialisti e popolari era al suo massimo, i datori di lavoro agri– colo vivevano in uno stato di continuo timore per sé e per le proprie fami– glie, spesso isolati com'erano in aperta campagna e senza mezzi di difesa. Durante il primo anno dopo la fine della guerra, essi avevano sopportato que– sto stato di cose, sperando che presto tutto sarebbe tornato come prima; i con– tadini erano quasi tutti reduci, e si doveva portar pazienza per i colpi di testa dei "salvatori della patria." Ma col passar del tempo questa tenerezza verso i " salvatori della patria " cominciò ad affievolirsi, mentre cresceva uno s.tato d'irritazione. Con la batosta delle nuove imposte diventava sempre piu dif- 1 Il fatto fu reso noto ~ell'ottobre 1920 (" Civiltà Cattolica," 20 novembre 19120, p. 374). Né i massimalisti né gli estremisti lo smentirono. ' 'bloteca Gino Bianco

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