Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La paralisi parlamentare divisione tra socialisti e popolari che paralizzava entrambi, facendo a ciascu– no un minimo di concessioni. Avrebbe dovuto costringere i deputati ad affrontare le loro responsabilità, presentando loro un piano di decise riforme finanziarie, amministrative e sociali, e obbligarli a discuterle, emendandole se necessario, o respingendole se ne avevano il coraggio. I massimalisti avrebbero sollevato l'indignazione in larghi settori delle classi lavoratrici se, ad esempio, avessero ostacolato la di– scussione di un progetto di legge che stabiliva le otto ore di lavoro, le pen– sioni per la vecchiaia, l'assicurazione contro la disoccupazione, oppure che regolava un vasto piano di riforma agraria. I socialisti di destra e la Confede– razione del lavoro avrebbero potuto distaccarsi dai massimalisti, rivendicando il loro diritto e il loro dovere di servire la causa delle classi lavoratrici mediante un'azione costruttiva e non vuoti clamori. Almeno cinquanta deputati socia– listi si sarebbero uniti ad un movimento di opera legislativa costruttiva. Invece di rimanersene al suo posto a Roma e affrontare la Camera pre– sentando delle proposte precise da discutere, accettare o respingere, Nitti era quasi sempre a Parigi per sistemare l'eterna questione adriatica e l'eterna questione dei compensi coloniali. Egli si serviva di questi viaggi come prete– sto per chiedere alla Camera di sospendere le sedute per tutto il tempo che doveva rimanere assente. I deputati, che non avevano niente da discutere per– ché il governo non dava loro niente da discutere, e che non osavano provo– care una crisi perché non sapevano quale altro gabinetto avrebbe potuto sosti– tuire quello di Nitti, sospendevano volentieri i lavori parlamentari; ma, quan– do tornavano a riunirsi, si trovavano sempre col non aver niente da fare, se non ascoltare le violente recriminazioni dei socialisti contro le responsabilità per gli ultimi scioperi e gli ultimi sanguinosi conflitti tra polizia e dimostranti, o ascoltare i resoconti degli ultimi insuccessi nelle trattative sull'eterna que– stione di Fiume. La paralisi parlamentare era peggiorata dal fatto che Nitti aveva scelto come presidente della Camera Orlando, che durante la Confe– renza della Pace aveva perso ogni prestigio, e che non aveva assolutamente l'energia che sarebbe occorsa per disciplinare le discussioni di queste cinque– cento persone, tra le quali circa un centinaio parevano evasi da un manicomio. Le trattative col Vaticano sulla questione romana erano giunte a un punto tale che Nitti avrebbe potuto presentare al Parlamento un patto di concilia– zione tra la Santa Sede e l'Italia, dimostrando che la Santa Sede era contenta che l'Italia riconoscesse la sovranità del papa sulla basilica di S. Pietro e sul Vaticano, cioè sopra quella parte di territorio in cui, sin dal r 871, il governo italiano non aveva mai pensato di esercitare la propria giurisdizione. In tal modo Nitti avrebbe cancellato i sospetti di coloro che consideravano il ·Vati– cano un nemico irriconciliabile dell'unità d'Italia, si sarebbe assicurato la fedel– tà dei cento deputati popolari, e avrebbe messo gli altri deputati faccia a fac– cia con un problema di interesse nazionale; oltre a ciò avrebbe fornito una prova evidente che la guerra non era- stata vinta invano, se aveva servito à porre fine a una disputa che mezzo secolo prima sembrava insolubile. Nitti 499 --- Mibloteca Gino Bianco

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