Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 " vittoria mutilata, " che non cercavano nessun profitto personale e avrebbero fatto qualsiasi sacrificio pur di servire il loro ideale patriottico. Ma vi si pre– cipitarono anche una folla variopinta di avventurieri, che all'umile ed onesto lavoro quotidiano preferivano 1-aspensierata vita parassitaria del servizio 1ni– litare, senza il rischio di una guerra vera; rivoluzionari pazzoidi, che pensa– vano D'Annunzio fosse un Lenin occidentale; uomini d'affari dal passato torbido; cocainomani e prostitute. In pochi giorni D'Annunzio ebbe sotto il suo comando 15.000 uomini, muniti di artiglieria, aeroplani e quattro navi da guerra. Tre generali, Maggiotto, Ceccherini e Tamajo, passarono aperta– mente dalla sua parte. Si trattava a prima vista di una " guerra privata " contro Inghilterra, • Francia e Stati Uniti, capitanat2 da un poeta privo sia di buon senso che di senso morale: una rievocazione medievale, che non si concluse in tragedia solo perché nessuno fuori d'Italia la prese sul serio. Ma dietro a D'Annunzio c'erano i capi dell'esercito e della marina. Per raggiungere Fiume, D'Annun– zio aveva dovuto attraversare l'Istria, che era sotto il controllo delle autorità militari italiane; queste sapevano in anticipo quanto D'Annunzio stava pre– parando, ma lasciarono che proseguisse indisturbato, pretendendo di non averlo potuto fermare. Lo storico fascista Gioacchino Volpe rivolge molte lodi al regime italiano prefascista, per aver saputo creare un esercito che era "ordinato, fedelissimo strumento della nazione. " "Politica e fazioni, pronunciamenti e velleità dit– tatoriali furono fin dagli inizi cosa remotissima dall'esercito italiano." 13 Nel 1919, questa tradizione venne a finire. Ufficiali dell'esercito e della marina, legati dal loro giuramento di fedeltà al Re, disertarono i loro posti, si uni– rono a D'Annunzio a Fiume, e prestarono pubblicamente un giuramento che li vincolava a disobbedire al loro Re. A Fiume i "legionari" di D'Annunzio cantavano un inno "ufficiale" in cui si minacciava di andare da Fiume "a Roma, " andando contro tutti, " financo in Quirinale, " cioè nel palazzo del Re, a " gettar le bombe sul nuovo Parlamento, " a fare pulizia " entro a Pa– lazzo Braschi " e a far la festa a "Cagoja." 14 Il ben noto storico Guglielmo Ferrero, in un articolo del 27 settembre 1919, mettendo in rilievo che a Fiume D'Annunzio era circondato da "fram– . menti dell'esercito, che hanno cessato di obbedire alla legge," sottolineava i pericoli impliciti nella situazione: Sinora l'Europa pareva minacciata dalla rivoluzione russa. L'Italia è il primo dei paesi vittoriosi che, da una settimana, si trova tra due fuochi: la rivoluzione rossa e la rivoluzione bianca. C'è chi lavora a fare dell'esercito un ariete da guerre civili. (...) Io credo che (...) l'Italia sia tra i paesi d'Europa quello che ha meno da temere la rivolu– zione rossa. (...) Ma se l'esempio di spezzare le tavole della legge viene dall'alto! Da quei ceti e da quei partiti che hanno maggior dovere di rispettarle? 15 13 G. VoL.PE, L'Italia in cammino, cit., p. 60. 14 N. PAPAFAVA, Appimti militari: 1919-1921, Ferrara, S.T.E.T., 1921, pp. 152-53. 15 G. FERRERO, Da Fiume a Roma, Milano, Athena, 1945, p. 9. BiblotecaGino Bianco

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