Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Conservatori e rivoluzionari la vaga speranza che alcuni esempi di ieri possano far rinsavire questi pervertiti. Che se anche queste speranze dovessero fallire... e, allora, non saremmo noi certamente a lamen– tare lo scoppio di una indignazione collettiva che si sarebbe fatto di tutto per provocare. Quando un giornale ultraconservatore scrive in questo modo, che altro può fare la folla se non seguire gli "esempi" indicati? Effettivamente il sac– cheggio dei negozi cominciò proprio nel pomeriggio del 3 luglio. Per tutto quel pomeriggio, e la notte e il mattino successivo, i quartieri periferici della città e la campagna circostante furono teatro di "requisizioni" incontrastate eseguite da autorità che si eran nominate da sé. Non si seppe mai quanti fu– rono i negozi saccheggiati, ma certo nell'ordine delle centinaia. A quel tempo, chi scrive viveva a Firenze, e durante quei giorni di disor– dini andò in giro per le strade per imparare "come si fa una rivoluzione.'' Quando la crisi fu passata, pubblicò il seguente resoconto: Chiunque ha camminato per le vie di Firenze durante i giorni della rivolta, cer– cando di rendersi conto di quel che la massa del popolo pensava e voleva, non ·ha trovato in nessun luogo un programma di riorganizzazione comunista della società, e meno che mai la voglia di lasciarsi prendere nella "immensa rete di incitamenti alla lotta e al sacri– fizio." Noi non abbiamo mai visto nel mondo tanta gente armata di ... fiaschi di vino, quanta ne abbiamo vista per le strade di Firenze nei giorni 4 e 5 luglio 1919. Uomini, donne, bambini, bambine, vecchi, giovani, tutti andavano in giro- con uno, due, quattro, fiaschi di vino. Firenze non aveva fame: aveva sete: non è stata saccheggiata, è stata sfiac– cheggiata. Era gente bonaria, gioconda, lieta di potersi godere finalmente un fiasco a due lire o addirittura gratis, che si avviava pacificamente verso casa, pregustando la baldoria della famigliola, provvista finalmente di un po' di ben di Dio; quando era piu giudi– ziosa della media, depositava in casa la prima merce, e ritornava a comprarne a metà prezzo o a "requisirne " dell'altra. Dopo i fiaschi di vino, la merce piu ricercata erano le scarpe. Ma una vera e propria esaltazione eroica e rivoluzionaria non c'era in nessuno. Una nuova organizzazione di pensieri e di volontà, capace di prendere il posto delle vecchie autorità politiche e amministrative, non c'era. (...) Esistono sempre folle pronte alla rivolta; non esiste in nessun luogo una classe capace di una rivoluzione. Né si dica che la rivolu– zione repubblicana o comunista non è stata iniziata, perché non era ancora preparato un movimento d'insieme. I movimenti d'insieme non si preparano. a data fissa: scoppiano, quando tutto è preparato negli animi: un incidente locale dà la spinta al movimento generale. 1 Tale era lo stato d'animo della folla. E cosa pensavano i suoi capi? Alle ore 15 del 3 luglio, migliaia di lavoratori si diressero istintivamente alla Ca– mera del lavoro; era questo il loro comando supremo, e qui venivano a chie– dere che cosa dovevan fare. Il direttore del giornale massimalista brillò per la sua assenza; non fu presente per ripetere alle "masse" che "la grande ora era scoccata. " Il compito di guidare il " proletariato " ricadde sulle spalle del segretario della Camera del lavoro. Il pover'uomo, dovendo dire qualcosa a quella folla, disse che "per l'ingordigia degli speculatori e degli strozzini la classe operaia è costretta a mettersi alla testa· di un movimento energico e risoluto," e propose ai lavoratori di proclamare uno sciopero generale. 2 Cosf, 1 "L'Unità," 10 luglio 1919. ~ " La Nazione, " 4 luglio 1 9 r9. . ibloteca Gino Bianco

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