Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 I rivoluzionari, i comunisti devono riconoscere i pericoli e le difficoltà della lotta per ispirare alla massa una fermezza maggiore, per liberare il partito dai deboli, dagli esitanti, dai tentennanti, per infondere a tutto il movimento un maggior entusiasmo, un maggior spirito di internazionalismo, una maggior prontezza al sacrificio per un grande fine: affrettare la rivoluzione in Inghilterra, in Francia, in America, se questi paesi si deci– deranno a bloccare la repubblica proletaria e sovietica italiana. 6 Il popolo italiano aveva sempre abbastanza buon senso da rendersi conto che non era possibile aspettarsi una rivoluzione in Inghilterra, Francia e America per la salvezza dell'Italia sovietica, e che in Italia entusiasmo, inter– nazionalismo e buona volontà di fronte al sacrificio non sarebbero serviti a lungo come surrogato per il pane, il carbone e il petrolio. Se la Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti avessero gettato alle ortiche i loro sistemi capi– talistici per abbracciare il comunismo, i lavoratori italiani si sarebbero affret– tati a fare altrettanto diventando bolscevichi, anche contro la loro volontà, per non morire di fame; ma l'Italia era l'ultimo paese in cui si poteva dare il via a una rivoluzione comunista. I lavoratori italiani volevano farla pagare cara ai "ricchi che avevan voluto la guerra"; scioperavano con estrema fre- - quenza, tiravano i sassi contro le autorpobili, e alle elezioni votavano per i candidati socialisti; ma anche nei momenti di maggiore furia si astennero sempre dal commettere assurdità irreparabili. Non solo le condizioni materiali in Italia erano profondamente diverse da quelle della Russia, ma la mentalità dei socialisti italiani, anche quando s1 dicevano rivoluzionari, era molto diversa da quella dei socialisti russi. Nei grandi paesi a regime costituzionale e democratico, lo stato non appariva, alla maggioranza dei socialisti, come una fortezza nemica ma, dimenticate le ecatombe del passato, piuttosto come una grande casa confortevole ove c'è posto per tutti. Casa nazio– nale, alla cui proprietà nessuno può aspirare, ma che ogni società solvibile ha il diritto e la possibilità di prendere in locazione. Lo stato, la cui struttura minacciosa e tetra appare a Lenin, fin dalla sua prima maturità politica, è la fortezza di San Pietro e Paolo, è il Palazzo d'Inverno, rifugio dell'aristocrazia sanguinaria, che Pietro il Grande e Caterina II, messe da parte le armi di parata, avevano modernizzato con cannoni di piccolo e di medio calibro. E attorno, non corazzieri di gala con giustacuori di latta dorata, ma barbuti co– sacchi con scudiscio e carabina. Non vie d'accesso al popolo. Di qui la spontanea forma– zione della psicologia rivoluzionaria di Lenin, che differisce dalla mentalità legalitaria dei suoi compagni socialisti europei od europeizzati, esattamente come la fortezza di San Pietro e Paolo o il Palazzo d'Inverno differivano dal Buckingam Palace o anche dall'Eli– seo. (...) Mentre tutta la socialdemocrazia si occupa per trent'anni di cooperative, di sinda– cati e di conquiste parlamentari, Lenin si occupa sf di organizzazioni operaie, (...) ma se ne occupa con lo stesso spirito con cui un capo di stato maggiore organizza l'esercito in previsione di una guerra. 7 Cosf, quando il regime zarista crollò e la sua rovma lasciò la Russia in uno stato di generale anarchia, Lenin e Trotsky si gettarono a capofitto nella tempesta spinti dall'odio e da un desiderio seivaggio di vendetta e di distruzione. Messisi a capo di poche migliaia di uomini, schiacciarono chiun- . 6 Ibidem. 7 E. Lussu, Teoria dell'insurrezione. Saggio critico, Roma, 1950, pp. 22-23 . ... BiblotecaGino Bianco

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