Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Mussolini e i "fascisti della prima ora" alcuno, perché la legge del 1912 concedeva il diritto elettorale a chiunque avesse fatto il servizio militare, e dal 1915 al 1918 tutti in Italia avevano fatto il servizio militare. Nelle mani delle classi lavoratrici il suffragio universale avrebbe potuto servire come strumento per dei cambiamenti immediati di vasta portata, che cinque anni prima non si sarebbero potuti considerare tra le cose possibili. Chi avrebbe potuto capeggiare un tale movimento "rivolu– zionario, " non nel senso di un rovesciamento violento del regime esistente, ma nel senso di una sua completa trasformazione? Alla fine del 1918, quando la vittoria aveva coronato le speranze di quei gruppi politici che avevano voluto la guerra e l'avevano sostenuta con deci– sione sino alla fine, i nazionalisti non videro piu limite alcuno alle loro ambi– zioni. Nel dicembre 1918, due di essi, Alfredo Rocco e Francesco Coppola, annunciando la pubblicazione di una nuova rivista, Politica, definivano le linee della futura politica estera italiana nei seguenti termini orgiastici: Tutto chiama l'Italia all'adempimento della sua missione imperiale: la tradizione di Roma, di Venezia, di Genova; il genio politico della stirpe, che l'ha fatta sempre maestra nell'arte di governare i popoli; la posizione geografica, che mentre la ricongiunge per terra all'Europa continentale, le consente di dominare, dal centro, tutto il bacino del Medi– terraneo, dove torna oggi a pulsare il cuore di tre continenti. Qui è il dovere, qui è la mis– sione dell'Italia. Come dimostra la storia, tutte le volte che in questa penisola fatale è ritornata la vita, e si è costituita una unità etnica e politica, una potenza forte e organiz– zata, la ferrea necessità delle cose l'ha trascinata oltre i confini, verso quel mare dei tre continenti e verso le sponde che esso bagna, a cui la chiama una vocazione naturale e sto– rica superiore ad ogni forza e ad ogni volontà contrastante. 3 I nazionalisti operavano d'accordo con il presidente del Consiglio Orlan– do, col ministro degli Esteri Sonnino, e con i capi dell'esercito e della marina. Non.appena la guerra fu finita, l'alleanza che era sorta durante la guerra tra costoro e i seguaci di Bissolati spad per sempre. Durante la guerra, Bisso– lati - che era un uomo di cinquantotto anni, ma un valoroso alpinista - si era arruolato volontario, era stato gravemente ferito, aveva fatto ritorno in linea dopo la guarigione, e si era meritato due medaglie al valore. Nel giugno del 1916, dopo le dimissioni di Salandra dalla presidenza del Consiglio, egli aveva accettato di far parte con Sonnino di un gabinetto di unità nazionale, ma non aveva mai sottoscritto i progetti di pace di Sonnino. Finita la guerra, Bissolati riprese la sua libertà di azione, chiedendo che gli obbiettivi della guerra italiana fossero definiti d~ tutto il gabinetto, prima che gli inviati ita– liani si recassero alla Conferenza della Pace. Egli era contrario alla annessio– ne del Sud-Tirolo, abitato da popolazione tedesca, e alla annessione della Dal– mazia, abitata da popolazione slava. Tali annessioni erano ingiuste e avreb– bero condotto inevitabilmente a nuove guerre. Bissolati era cenvinto che il piano del presidente del Consiglio Orlando e del ministro degli Esteri Son– nino, cioè la richiesta della Dalmazia secohdo i termini .del Patto di Londra, 1 " Politica, " I, 1 s dicembre 191 8, p. 1 7. - 395 ibloteca Gino Bianco

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