Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Mussolini e i " fascisti della prima ora " pace qualunque," e una maggioranza folle i cui membri non sapevano se desiderare la vittoria, la quale avrebbe significato il loro fallimento politico, o un nulla di fatto che avrebbe mitigato i loro rancqri. Votavano contro i so– cialisti ufficiali, o abbandonavano le sedute quando i socialisti ufficiali chie– devano la cessazione immediata della guerra, ma nelle anticamere ripetevano il ben noto ritornello: "Ve lo avevamo detto." Nel paese, via via che la guerra andava avanti, i sacrifici che al fronte si richiedevano ai soldati, e a casa alla popolazione civile, crescevano, e lo scon– tento diventava piu diffuso e profondo. In Europa tale 'fenomeno era comune a tutti i paesi in guerra. In Germania, in Austria, in Francia, in Inghilterra, cosi come in Italia, il numero degli scioperi era in aumento. In Germania i deputati socialisti, che si opponevano alla continuazione della guerra e per un anno avevano combattuto contro la maggioranza dei loro colleghi, si di– staccarono nella primavera del 1917 formando un partito socialista indipen– dente. In Italia il partito socialista non aveva bisogno di scindersi, perché sia . la destra riformista che la sinistra rivoluzionaria erano state unite contro l'in– tervento ed erano unite contro la continuazione della guerra. Finita la guerra, quando i soldati cominciarono a essere smobilitati, essi se ne tornavano a casa pieni di amarezza per i maltrattamenti subiti dalle loro famiglie durante i tre anni e mezzo di guerra; e detestavano tutti gli alti papaveri gallonati e tutti quei politicanti che avevano voluto la guerra o l'avevano votata nel maggio 1915 e avevano poi continuato a votare per la sua continuazione, anche se non l'avevano voluta. Durante la guerra gli uomini politici si erano abbandonati a promesse eccessive di riforme sociali, economiche e politiche; un rinnovamento nel 'tronco e nelle radici di tutta la vita nazionale avrebbe dovuto testimoniare della gratitudine che il paese sentiva per coloro che per esso avev_anoversato il loro sangue. Il 20 novembre 1918, lo stesso Salandra che aveva condotto l'Italia a dichiarare guerra all'Austria ebbe a dire: "Oggi ancora autorevol– mente è stato detto che la guerra è rivoluzione. Sf, grande, santissima rivolu– zione. (...) Nessuno pensi che passata la tempesta, sia possibile un pacifico ri• torno all'antico. (...) Nessuno pensi che possano piu giovare le antiche con• suetudini di vita pacifica. " 1 Quello stesso giorno, il presidente del Consiglio, Orlando, che era stato a capo del paese nell'ultimo anno di guerra, in un di– scorso alla Camera esclamò con veemenza: "·Io ebbi già a dire in questa Ca– mera che questa grande guerra e.ra nel tempo stesso la piu grande rivolu-· zione politica e sociale che la storia ricordi, superando la stessa rivoluzione francese." 2 Naturalmente nessuno di loro con la parola "rivoluzione" in– tendeva una rivolta armata dei partiti sovversivi contro il governo in carica; intendevano soltanto un riassestamento di tutta la struttura sociale e politica mediante riforme basilari ma ottenute per vie legali; quali dovessero essere 1 " Corriere della Serà, " 21 novembre 1 9 r 8. 2 Atti parlamentari, Camera. Discussioni, Legisl. XXIV, 1a sessione, p. 1'7, 244. 393 Bibloteca Gino Bianco

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